Giugliano. Scrivo queste  riflessioni ad alta voce nel tentativo di giustificare a me stesso la scelta politica  che ho fatto in merito all’attuale situazione venutasi a creare nel PD  in vista del congresso nazionale.

La mia scelta è  maturata dopo le  varie vicende che hanno posto il PD in situazioni a dir poco politicamente imbarazzanti. Questa considerazione mi ha portato ad un’articolata riflessione rispetto allo stato di salute della democrazia italiana che trovo decisamente preoccupante, quella democrazia  di cui il PD dovrebbe essere il maggiore garante. Invece, constato un partito che spinge,  persone valide, capaci, con il desiderio di impegnarsi a “fuggire”; è un partito con dei problemi molto seri e non certo solo di rinnovamento.  

Tutti coloro  che mi conoscono BENE sanno che da tempo e testardamente provo a contribuire alla costruzione di  un progetto alternativo alla logica correntizia dominante da sempre nel PD senza mai piegare la testa ai voleri, più o meno espliciti, di nessuno che avesse posizioni  potenti  nel PD e nelle istituzioni. Non si può negare che tentare di portare avanti questo progetto, con le sue peculiari caratteristiche, non è facile, anzi è faticoso, frustrante e spesso avvilente a livello politico e personale.

Il PD sta rischiando di divenire  un partito che di progressista non avrà  più nulla e non solo perché Renzi ne era il segretario e ancora gestisce la maggioranza delle tessere, i suoi dirigenti ed anche parte della sua base mostrano una totale subalternità di idee e di azione al pensiero dominante. Nessuna idea di rottura, nessun coraggio, nessuna capacità di prospettiva, nessuna volontà di buttare il cuore oltre l’ostacolo solo un dimenarsi infinito tra le idee preconfezionate e imposte a colpi di tessere. Mi spiace ma a me questa logica di continua subalternità non sta bene, l’ho combattuta finanche ai tempi del centralismo democratico, figuriamoci adesso. Io ho scelto di essere di sinistra non tanto per “cambiare” il mondo ma per contribuire a costruire un nuovo modo di intendere e fare politica, con nuove logiche per affrontare la disuguaglianza sociale, le politiche per il lavoro e tutto quanto può distinguere la sinistra da “ altro”. Per questo dopo qualche anno di “standby-politico”,  durante il quale mi ero allontanato dalle vicende politiche, mi sono ravvicinato e da una mia idea, insieme a tanti compagni-amici, abbiamo costituito il gruppo SVOLTAASINISTRA all’interno del circolo di Giugliano. La spinta propulsiva che ci spronò era ed è la constatazione che nel PD l’immaginare di proporre un  nuovo modello di società solidale non è neanche possibile, solo a professare questa volontà si è malvisti, ci si sente diversi, le “pecore nere”, sembra che alla maggioranza del partito l’attuale modello di società dei più ricchi e forti vada benissimo; Svoltaasinistra è nata per  contribuire a dare una vera e propria “svolta” a questo modo di intendere il partito.

Quindi, sono sempre più convinto che il problema dominante è la funzione del Partito Democratico, il ruolo che deve assumere nella società e nelle istituzioni, il saper valutare i cambiamenti che ne conseguono, dimostrando la capacità  di elaborazione di una proposta  adeguata ai mutamenti profondi dello scenario socio-politico attuale; ciò potrà essere possibile solo attraverso l’intercettazione delle reali esigenze dei cittadini andando tra la “ gente “.

Detto ciò dovrei concludere dicendo che per questi motivi lascio il Partito Democratico, invece io affermo con convinzione che resto nel partito con le mie idee di democrazia e di partecipazione schierandomi a favore della mozione di Andrea Orlando per il prossimo congresso nazionale. Ai compagni che hanno fatto altre scelte do un arrivederci a ritrovarci insieme, su di un progetto politico per una nuova sinistra in un centrosinistra che sia tale.

Permettetemi di concludere con le parole di Gianni Cuperlo:

Costruiamo un’alternativa radicale a quella che abbiamo vissuto, una leadership e una visione del potere che sono uscite sconfitte dalle urne ma forse di più da una distanza di linguaggio, di visioni ”, …” il problema non è chi sta al timone ma la rotta che si decide di prendere”.

Giovanni  De Vivo

 

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