Sono finiti in manette due militari dell’Arma dei Carabinieri perché avrebbero rivelato e notizie riservate sulle indagini sul boss latitante Matteo Messina Denaro. Si tratta del tenente colonnello Marco Zappalà, in servizio alla Dia di Caltanissetta, e di Giuseppe Barcellona, appuntato in forza alla Compagnia di Castelvetrano (Trapani). L’accusa nei loro confronti è di favoreggiamento alla mafia e accesso abusivo al sistema informatico.

Barcellona, ex appartenente al Ros, era in servizio al Norm della Compagnia di Castelvetrano e svolgeva attività di indagine su delega dei pm di Palermo anche sulla cattura di Messina Denaro.

In particolare si occupava dell’ascolto delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Accedendo abusivamente al sistema informatico il carabiniere ha fotografato i verbali di trascrizione di una conversazione registrata tra due indagati che parlavano della famiglia mafiosa di Castelvetrano, paese del padrino ricercato, e di un possibile nascondiglio del boss.

Ma non è tutto, Barcellona avrebbe girato due anni fa a Zappalà la conversazione intercettata. A sua volta, Zappalà, avrebbe inviato una mail a Vaccarino. L’ex sindaco di Castelvetrano, già condannato per traffico di droga, figura da anni al centro delle vicende relative al latitante trapanese con cui ha intrattenuto una fitta corrispondenza. Appena i magistrati captano l’email ricevuta da Vaccarino, nel frattempo tenuto sotto controllo, scatta l’inchiesta. Barcellona viene inquisito per rivelazione di segreto d’ufficio.

Nel dialogo i due indagati intercettati commentano negativamente il fatto che Santangelo non avesse fatto pagare il funerale del pentito Lorenzo Ciamarosa ai familiari. Per Vaccarino scatta l’accusa di favoreggiamento. Non è stato provato, ma i magistrati lo ritengono altamente probabile, che le “talpe” abbiano fatto filtrare anche la parte del dialogo intercettato in cui si parlava del nascondiglio del latitante Messina Denaro.

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