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L’orrore e la disperazione della giovane vittima dello stupro a Catania si percepisce nelle cinque note audio invite via WhatsApp all’amico, Salvo, che però non avrebbe compreso la gravità della situazione e non avrebbe prestato soccorso alla ragazza, perché privo dell’automobile.

A raccontarlo è la stessa ragazza 19enne, che, come riporta Repubblica, avrebbe più volte chiesto aiuto. “Quando mi hanno spinta in macchina con forza, sono riuscita a mandare un messaggio vocale a un amico. Gli ho sussurrato: Per favore aiutami, ci sono dei ragazzi (Roberto MirabellaSalvatore Castrogiovanni Agatino Spampinato ndr) non voglio. E lui, prima mi ha risposto che non capiva, poi che non aveva l’auto e non poteva aiutarmi. Una cosa assurda“, avrebbe detto, “Scrivete pure di Salvo. Sono riuscita a mandargli cinque messaggi vocali mentre mi violentavano, l’ho chiamato due volte. Ma continuava a dire che non capiva. E quando quella notte da incubo è finita, gli ho scritto un ultimo sms: Ti odio davvero“.

Secondo la ricostruzione il primo messaggio è stato invato alle 23,12: “Io sto male, aiuto me”, si sente. Due minuti dopo si sente solo la voce di uno dei 20enni, “Compare, te la posso dire una cosa? A chidda ma isu iu (quella me la alzo io, ndr)”, dice. Poi un altro sos alle 23,17: “Aiuto, aiuto, sono nell’auto”. Dopo la mezzanotte arriva la posizione esatta (il lungomare di Catania) e l’audio della violenza: “Vieni qua”, “Non voglio”, “Sì che vuoi”, “No, basta. Non voglio, non voglio”. Infine undici chiamate al 112, ma gli aggressori la bloccavano nel momento in cui cercava di dare l’allarme. “I richiami d’aiuto si sono susseguiti in un arco di ben un’ora e 45 minuti”, spiega il gip che ieri ha confermato gli arresti dei tre giovani.

La denuncia ai carabinieri è drammatica. Ai carabinieri dove è stata accompagnata dalla famiglia che la ospita la 19enne consegna le calze nere strappate, la gonna, un foulard e gli slip: “Qui ci sono le prove di quello che hanno fatto”, dice in lacrime, “Venerdì mi trovavo con un’amica al Lupo bar di via teatro Massimo. Si sono avvicinati tre giovani, hanno poggiato i loro bicchieri sul nostro tavolo e hanno iniziato a parlare. Erano gentili”. E una sua amica l’aveva pure tranquillizzata quando lei le ha chiesto se li conosceva: “Roberto lo conosco, ha frequentato la mia stessa scuola, stai tranquilla, è un ragazzo per bene”, le ha detto.

Poi però qualcosa è cambiato. I tre l’hanno invitata con una scusa a cambiare locale, l’hanno portata verso un’auto e l’hanno costretta a salire a bordo per portarla in un luogo appartato frequentato da coppiette, sul lungomare catanese, e a stuprarla a turno: “Mi hanno afferrata per un braccio, mi dicevano: stai zitta. E mi hanno spinta sul sedile posteriore”, ha raccontato lei, “Hanno cercato di farmi fumare della marijuana, ma ho rifiutato. E a quel punto hanno iniziato a mettermi le mani addosso”.

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