Quella che si vuole costruire a Giugliano è una discarica enorme sulla quale però pesano due ombre inquietanti.

STRANE COMPRAVENDITE. Una è legata a una vecchia inchiesta della magistratura che già ai primi del 2000 indagò su strani passaggi di proprietà nelle particelle che compongono cava Ripuaria e un contratto di fitto richiesto dalla Fi.be mai andato in porto. Ad oggi, stando al catasto, la Cava resta di proprietà della ditta Alma di Villaricca, già specializzata nei rifiuti, e di una società, la “Campus” costituita anni fa proprio per l’acquisto di questi terreni.

RISCHIO IDRICO. Un’altra grave questione è quella dei rischi dell’invaso. Basta aprire il sito del Comune di Giugliano e cliccare sul piano regolatore per verificare un rischio idraulico nella zona.

CONTRO LA LEGGE E LA BEFFA DEL NOME. Ma ad essere dalla parte dei cittadini c’è anche la legge. Dopo la chiusura di Cava Riconta a Villaricca infatti una norma vieta impianti di smaltimento finale di rifiuti nel Giuglianese. Per ovviare a questo divieto nelle carte ufficiali non si parla di discarica ma ricomposizione ambientale di una cava dismessa.

CIFRA RECORD. Per aprirla occorre poi la cifra record di 22 milioni di euro che da soli basterebbero per la costruzione di un impianto per il trattamento dell’umido.

PROGETTATA DELL’ING. PERRILLO. L’impianto è stato progettato dai vertici della SaP.na. che oggi sono completamente invischiati nell’inchiesta tra camorra e rifiuti su Chiaiano.

NESSUN IMPIANTO PER IL COMPOST. Questa poi è la domanda più inquietante: se questo invaso deve contenere solo la frazione organica, perché invece di seppellirla non si pensa a trasformarla in compost come avviene ovunque? Perché non si progettano impianti per l’umido che eviterebbero nuove discariche e abbasserebbero anche il costo della Tares?

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