Ieri Napoli era in tv. La solita Napoli. Quella dei furti, degli scippi e della guerra di camorra. Quella che ha richiesto l’intervento dell’Esercito Italiano, per intenderci. La tv nazionale, Ballarò, ha rafforzato, qualora ce ne fosse bisogno, l’immagine violenta che la terza città d’Italia tiene incollata addosso qualsiasi cosa succeda. Proprio mentre, in contemporanea, Le Iene su Italia 1 mandavano in onda un servizio di Giulio Golia del clan dei Maddaloni di Scampia, la palestra che ha riscattato decine di ragazzi e figli di boss dalla strada. Due Napoli diverse. Due rappresentazioni diverse della città.
I dati, ovviamente, vanno presi con le pinze. Possono essere letti in tanti modi. Non si parla dei reati non accertati o non denunciati. Un “sommerso” criminale che sicuramente è forte alle nostre latitudini. Però, se prendiamo questi numeri con beneficio di inventario, emerge di sicuro un’immagine di Napoli meno violenta di quella che ci propinano i media e le serie tv stile Gomorra. Sputtanapoli, lo sport nazionale, non poggia poi su basi tanto solide. A Napoli il tasso di delinquenza è meno elevato di quello che si pensa, o comunque non più elevato di quello presente in altre realtà metropolitane come Roma e Milano. Poi c’è la camorra, certo. Il nostro stigma, quello che nessuno ci toglie e che conquista ogni giorno le pagine nazionali.
Così, quello che effettivamente emerge, rispetto ai reati comuni, e che effettivamente differenzia Napoli dalle altre città, è un’altra cosa: la percezione della sicurezza nel comune cittadino o nel turista. L’idea di poter scendere in strada e finire dentro una sparatoria, o di girare nei quartieri storici col terrore che un centauro ti sfili a folle velocità una borsa. Ecco, forse è questo che a Napoli cambia davvero. Per il resto, Sputtanapoli è solo un esercizio retorico, una speculazione mediatica che fa click e telespettatori, un alibi razzista per le coscienze di Governi e Settentrione, il pretesto per poter dire e ripetere, come un mantra, all’infinito: “Vedete? Siete sempre uguali. Non cambierete mai”. Con buona pace di Clementino.