Emergono nuovi dettagli horror sull’uccisione di Vincenzo Ruggiero. Ciro Guarente avrebbe usato una motosega, come in una celebre scena del film Scarface di Brian De Palma, e avrebbe fatto a pezzi il corpo del rivale d’amore staccandogli il tronco, un braccio e la testa. Le ultime due parti del cadavere però non sono state ancora ritrovate e sarebbero decisive per accertare l’identità dei resti tombati nella buca di un garage a Ponticelli.

Una volta decapitato, le parti della salma di Vincenzo sarebbero state accatastate in una vasca e coperte di indumenti e rifiuti, poi il tutto sarebbe stato raccolto in una sacca e trasportato nel bagagliaio dell’auto fino al quartiere periferico di Napoli dove il killer, probabilmente con l’aiuto di un complice, avrebbe completato l’operazione di occultamento. “La puzza che proveniva da lì era insopportabile”, commentano i residenti. Nonostante il ricorso all’acido per sciogliere meglio i resti del corpo e l’uso della calce per tombarli, Ciro non è riuscito a nascondere il cadavere del 25enne di Parete.

Ad avvalorare l’ipotesi che il cadavere appartenga a Vincenzo Ruggiero sono alcuni importanti indizi: la madre di Ciro Guarente abita a cinquantina di metri dal garage dove è stato trovato il corpo: alcuni testimoni hanno ricordato di averlo visto più volte due giorni dopo l’omicidio, entrare e uscire dal garage; infine, il segnale del cellulare di Guarente la sera del 7 luglio, giorno dell’omicidio, porta verso il quartiere Ponticelli di Napoli e non a Licola dove il giovane aveva riferito di essersi liberato del cadavere. Gli inquirenti della Procura della Repubblica di Napoli Nord, inoltre, nutrono forti dubbi anche sulle modalità dell’omicidio che, secondo il racconto dell’assassino reo confesso, sarebbe avvenuto accidentalmente, durante una lite, nell’abitazione dove Ruggiero viveva con la trans contesa Heven Grimaldi. Sarà comunque l’autopsia a fare definitivamente luce sull’identità del cadavere trovato a Ponticelli.

Secondo quanto dichiarato da Ciro Guarente, l’omicidio sarebbe stato l’effetto di un raptus di gelosia: l’assassino riteneva Ruggiero un rivale in amore. Il 35enne Ciro Guarente, dipendente civile della Marina con un passato da militare, originario di San Giorgio a Cremano ma residente a Giugliano, ha ammesso di aver agito perché riteneva che il suo compagno, il trans Heven Grimaldi, avesse intrecciato una relazione con la vittima. Il delitto si è consumato ad Aversa, nell’abitazione di Ruggiero, attivista gay di cui era stata denunciata la scomparsa il 7 luglio scorso. La sua improvvisa sparizione era stata segnalata con un appello anche dall’Arcigay di Napoli.

Ero arrabbiato con lui perché aveva una relazione con il mio compagno” ha raccontato Guarente. “Ho provocato io la morte di Vincenzo ma non volevo ucciderlo”, ha aggiunto. È’ stato lo stesso 35enne a ricostruire agli inquirenti cosa è accaduto tra il suo arrivo e la partenza da Aversa verso il mare. “Ho atteso Vincenzo – ha raccontato Guarente – poi al suo arrivo abbiamo iniziato a litigare violentemente, quindi Vincenzo ha perso l’equilibrio ed è caduto sbattendo la testa contro un mobile appuntito; ho visto che era morto e ho deciso di far sparire ogni sua traccia gettando il cadavere in mare”.

Ma a smentire la versione di Guarente tanti dettagli. Il più importante: Guarente avrebbe premeditato l’omicidio di Vincenzo. Il giorno prima dell’omicidio ha affittato il box auto a Ponticelli dove ha tombato i resti della vittima. Avrebbe speso 50 euro per assicurarsi lo spazio nell’autorimessa per un mese intero e completare in tutta tranquillità le fasi dell’occultamento della sua vittima. Poi avrebbe raggiunto il 25enne di Parete nella sua abitazione di Aversa. Lo avrebbe colpito forse con una zappa e successivamente lo avrebbe sezionato come un film horror usando una motosega.

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