Sono inquietanti le parole del sindaco di Pimonte, Michele Palummo, che nella puntata de L’aria che tira del 3 luglio ha liquidato lo stupro di gruppo su una ragazzina di 15 anni da parte di 12 suoi coetanei come una “bambinata che ormai è passata”. La vittima, con la sua famiglia, in seguito alla condanna ai domiciliari del branco, è tornata a vivere in Germania. Dalla condanna in poi la comunità, anzicché stringersi intorno a lei, l’ha stigmatizzata ed esclusa socialmente per un danno che lei ha subito e non perpetrato, come ha avuto modo di constatare il garante per l’infanzia e l’adolescenza della Campania, Cesare Romano. E’ sempre così: laddove una donna, in questo caso una bambina, denuncia una violenza sessuale, è lei a pagarne le conseguenze non solo per lo stupro subito, ma per l’additamento collettivo, come se fosse andata a cercarsela. E’ già successo ad Anna Maria Scarfò a Taurianova e a una tredicenne a Melito Porto Salvo in Calabria o durante il processo per stupro ai danni di una quindicenne a Montalto di Castro nel viterbese. Fin quando le istituzioni, come nel caso del sindaco di Pimonte, liquideranno la violenza sulle donne come una ragazzata, e gli adolescenti del nostro paese non affronteranno un percorso di educazione sentimentale condiviso tra famiglia e scuola, non possiamo che aspettarci che la storia si ripeta. Celeste Costantino Deputata Sinistra Italiana Stefania Fanelli Associazione Frida Kahlo La città delle pari opportunità.

Comunicato stampa

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