Marano. “Alla guida dell’auto dei killer c’era Cammarota. Anzi, la vettura era guidata da Raffaele D’Alterio”. Due verbali, due versioni diverse. E così è venuto meno il racconto del pentito Roberto Perrone. L’attendibilità (“la costanza e la coerenza) è stata smontata dall’avvocato della difesa Domenico Dello Iacono. La Corte di Cassazione ha deciso dunque di inviare nuovamente gli atti al Riesame ed ha annullato con rinvio la misura per D’alterio (in foto), arrestato proprio in base a quelle accuse.

Il colpo di scena – come riporta il quotidiano “Il Roma” – riguarda il processo per l’omicidio di Giuseppe Candela, ammazzato perché era diventato un personaggio scomodo del clan Polverino, ma soprattutto aveva rapporti con trafficanti di droga legati ai gruppi di Secondigliano e del centro di Napoli. “Peppe tredici anni”, com’era conosciuto negli ambienti malavitosi, storico luogotenente di spicco della cosca di Marano, era diventato troppo autonomo. Il boss, quindi, dalla Spagna disse: “Bisogna prendere un provvedimento”. Sei anni dopo l’omicidio arrivò però il provvedimento del gip nei confronti dei responsabili. Tra anche Raffaele D’Alterio, oggi “graziato” dalla Cassazione.

L’agguato si consumò il 15 luglio del 2009. La condanna a morte di Candela sarebbe arrivata da Giuseppe Polverino detto ‘o barone. Poi c’è il latitante Giuseppe Simioli, sarebbe stato invece il mandante ma anche l’esecutore materiale. D’Alterio, detto ‘o siscariello, avrebbe partecipato al delitto – riporta ancora Il Roma – guidando lo scooter su cui c’era il killer Biagio Di Lanno, ora collaboratore di giustizia. Secondo gli inquirenti ci sarebbero stati anche altri partecipanti al delitto ma non raggiunti da misura cautelare.

La vittima su segnalata tra corso Umberto e via Cristoforo Colombo a Marano, L’omicidio sarebbe stato pianificato nel corso di un summit di camorra tenutosi in Spagna, in una lussuosa villa a Barcellona.

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