Scena muta. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere gli accusati dell’inchiesta portata avanti dalla Guardia di Finanza sui falsi invalidi. Buona parte delle persone coinvolte, molti gregari, cognati e parenti stretti di affiliati hanno optato per il silenzio. Ora gli avvocati delle parti dovranno presentare istanza di riesame per chiedere, come da prassi, la scarcerazione delle 33 persone coinvolte nel giro di false pensioni messe su dal clan Mallardo. Ed è proprio su questo punto che si concentreranno alcune delle tesi difensive, tra cui quella dell’avvocato Giovanni Lo Russo, difensore di uno degli arrestati. Il punto è questo: se le false pensioni servivano al clan per sostituire le “mesate”, così come ha più volte dichiarato il pentito Giuliano Pirozzi, come poteva la stessa cosca arricchirsi e dividerne i proventi? C’era un ammanco di cassa o una spartizione di denaro? Insomma la situazione è controversa ed è probabile che molti legali vadano a contestare l’aggravante dell’aver voluto favorire il clan Mallardo. Intanto oggi è entrato nel vivo il processo di appello per la nota inchiesta “caffè macchiato”. La sentenza arrivò nel marzo del 2015 ed oggi si è giunti al secondo grado di giudizio.

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