“Una camorra di colletti bianchi impedisce il riutilizzo dei beni confiscati a Marano”. Il j’accuse, durissimo, è di Tonino Amato, presidente della commissione regionale sui beni confiscati, intervenuto a margine di un’audizione sullo stato del patrimonio immobiliare sottratto alle potenti organizzazioni malavitose della città. L’attenzione della Commissione, di cui fanno parte anche i consiglieri regionali Flora Beneduce e Corrado Gabriele, si è concentrata, in particolare, sulla vicenda del mancato sgombero di una mega villa confiscata in via Marano-Quarto, tuttora occupata – ad oltre dieci anni dalla sua acquisizione al patrimonio dell’ente comunale – dagli eredi delle famiglie Orlando e Simeoli, tra le più in vista della città.

 

 

 

Quella della villa di via Marano-Quarto è la storia di una procedura di sgombero avviata (dopo anni di inerzie amministrative) la scorsa primavera dall’ex commissario straordinario del Comune Gabriella Tramonti, ma sempre interrotta a causa dei pronunciamenti in extremis degli organi amministrativi: Tar e Consiglio di Stato. Da qui l’amara considerazione del presidente della commissione regionale sui beni confiscati. “La camorra a Marano – aggiunge Amato – ha un potentissimo apparato di colletti bianchi, che vanta anche ottimi avvocati e burocrati, presenti anche all’interno delle istituzioni. Molti dei beni confiscati sono ancora occupati, altri abbandonati o comunque mai riutilizzati. Circa un terzo del patrimonio è stato trasferito al Comune che in questi anni, a parte la fase di commissariamento, non è riuscito a strutturare un adeguato piano di riutilizzo e valorizzazione”. I dati, più volte snocciolati dalle pagine di questo portale, sono impietosi: sono oltre 100 infatti i beni confiscati presenti sul territorio comunale (Marano è la città della provincia di Napoli con il maggior numero di immobili sottratti ai clan), ma la percentuale di riutilizzo non supera il 2 per cento. In via Marano- Quarto, dove è ubicata la lussuosa villa e il terreno oggetto del provvedimento di sgombero, Comune, forze dell’ordine, in una parola sola lo Stato, hanno dovuto far marcia indietro ben tre volte.

 

 

Motivo dell’impasse? Una sequela di ricorsi presso gli organi amministrativi e difficoltà legate all’individuazione dei reali occupanti dell’immobile e delle particelle oggetto di confisca. Cavilli giuridici, insomma. Eppure i rilievi del Gico e dei tecnici comunali, richiesti qualche mese fa dal Consiglio di Stato, sembravano aver dissipato ogni dubbio: l’area da liberare contempla anche l’immobile e non solo il terreno. Ma ciò non è bastato: un nuovo ricorso al Tar, che entrerà nel merito della vicenda il 24 ottobre, ha infatti riportato la situazione al punto di partenza.

 

 

 

 

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