Ricostruito il delitto di Aldo Autuori, l’imprenditore ucciso a Pontecagnano Faiano nel 2015, poiché ritenuto di intralcio dal clan Pecoraro – Renna, operante a nella Piana del Sele. In manette sono finiti i mandanti dell’omicidio e i restanti organizzatori dell’agguato.

I Carabinieri della Compagnia di Battipaglia hanno così eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Salerno, su richiesta di questa Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di Francesco Mogavero, classe ’79, Enrico Bisogni, classe ’68, Luigi Di Martino, detto “il profeta” classe ’61,  Francesco Mallardo, classe ’51, e Stefano Cecere, classe ’72.  I primi quatto già erano detenuti per altro; il quinto, unico libero, era di fatto irreperibile fino al suo rintraccio e arresto.

Le indagini hanno dimostrato come i vari clan in questione Mogavero — Bisogni di Pontecagnano, Cesarano di Castellammo di Stabia e quello dei Mallardo di Giugliano avevano allacciato strettissimi rapporti al fine di incrementare e consolidare il controllo sui rispettivi territori di competenza, scambiandosi reciproci favori, come nel caso dell’omicidio di Aldo Autuori

La ricostruzione. Francesco Mogavero e Bisogni, ai vertici del clan Pecoraro-Renna, operante nella Piana del Sele, furono i mandanti che avevano decretato la morte di Aldo Autuori perché quest’ultimo, una volta uscito dal carcere, nell’anno 2015, svolse una serie di attività ritenute di intralcio al predominio, sul territorio, del clan.

Mogavero e Bisogni, considerando i vecchi rapporti che legavano il clan Pecoraro-Renna al clan Cesarano, operante in Castellammare di Stabia, si rivolsero a Di Martino, detto “O Profeta” , elemento apicale del gruppo criminale, per chiedere la collaborazione per l’esecuzione materiale dell’omicidio.

Di Martino, quale intermediario tra i mandanti e gli esecutori materiali, si rivolse a sua volta a Ciccio Mallardo, capo indiscusso dell’omonimo clan, operante nella zona di Giugliano, che diede incarico per l’esecuzione materiale a Antonio Tesone, alias “uomo della masseria”, e Gennaro Trambarulo, nei confronti dei quali però il Gip, non ritenendo il quadro gravemente indiziario, ha rigettato la richiesta misura cautelare.

Ciccio Mallardo, reggente dell’omonimo clan, all’epoca dei fatti sottoposto al regime della libertà vigilata a Sulmona, dopo essere stato più volte contattato e raggiunto  da Di Martino, fornì a quest’ultimo la disponibilità dei suoi uomini per l’esecuzione del delitto. Intanto Cecere, stretto collaboratore del boss Mallardo, fece da tramite con Luigi Di Martino.

Il movente. Stando alle indagini, il movente del delitto è da ricercate nella lotta per il controllo del settore dei trasporti, allora di forte interesse per il clan Pecoraro-Renna, in particolar modo per Mogavero e Bisogni. Settore nel quale Aldo Autuori, dopo la sua scarcerazione, cercò di reinserirsi senza “rispettare” la posizione gerarchica, ormai raggiunta dagli altri.

Le indagini condotte dagli investigatori hanno, inoltre, evidenziato il forte legame tra Mogavero e Bisogni con Di Martino (esponente di spicco del “clan Cesarano”), tanto da consentire ai primi di chiedere l’auto al secondo per eseguire l’omicidio.

infatti, le indagini hanno appurato che Di Martino, a sua volta, si rivolgeva, attraverso Cecere Stefano, all’epoca a fino a ieri libero, a Ciccio Mallardo e ai sicari di quel gruppo. Di fondamentale importanza, ai fini della ricostruzione del grave quadro indiziario, sono state le informazioni e le fonti di prova tempestivamente trasmesse dalla Procura Distrettuale Antimafia di Napoli.

 

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