Camorra e terrorismo islamico, parla il pentito. Un tunisino condannato a 8 anni per terrorismo islamico voleva acquistare 5 kalashnikov da un ex affiliato al clan dei Casalesi, poi diventato collaboratore di giustizia che si rifiutò di vendere le armi.

E’ quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della Corte di Assise di Napoli che nello scorso giugno ha confermato la tesi accusatoria del pm nei confronti di Mohamed Kamel Edine Khemiri. Della vicenda riferiscono Il Mattino ed il Corriere del Mezzogiorno. “Le armi – aveva detto ai magistrati il collaboratore di giustizia, Salvatore Orabona – non le ho voluto dare a quelle persone”. La vendita fu portata a termine solo per alcune auto.

Il tunisino era stato prima arrestato e poi scarcerato per falsificazione di documenti. Dopo il primo arresto, Orabona vide la sua foto sui giornali e lo riconobbe. Il rifiuto, secondo quanto scritto dai giudici nella motivazione, sarebbe nato dal fatto che Orabona avrebbe “compreso i gravi scopi illeciti per i quali potevano essere utilizzati i kalashnikov”.

Al processo, Orabona ha raccontato di un incontro in un bar di San Marcellino con Khemiri e altri due stranieri da tempo residenti in Italia. Gli altri due gli chiesero di procurare loro una Mercedes. Khemiri, invece, gli chiese anche armi e munizioni. “Nel parlare, quando abbiamo finito di parlare delle auto — ha testimoniato il collaboratore — mi hanno chiesto anche delle armi di tipo Kalashnikov. E io lì mi sono rifiutato, diciamo, di questa proposta delle armi, e gli ho detto: io vi posso dare solo le auto; le armi non gliele ho volute dare a queste persone”. Chiosano i giudici: “Il teste, nonostante dichiarasse che dalla vendita delle armi fosse possibile ricavare anche 15.000 euro per dieci pezzi, si rifiutava di venderle pensando agli eventuali scopi illeciti per cui potessero essere utilizzate da soggetti di nazionalità algerina o tunisina”.

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