I Carabinieri della Stazione di Cancello ed Arnone hanno dato esecuzione ad un’ ordinanza di applicazione della misura degli arresti domiciliari, emessa dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere su conforme richiesta della locale Procura, nei confronti di Petrellese Domenico (classe 43), Petrellese Francesco (classe 82) e Petrellese Carmelo (classe 86), originari di Sant’Anastasia, in provincia di Napoli.

I tre sono accusati a vario titolo di essere coinvolti in una associazione criminale ben strutturata, che, da tempo, aveva organizzato in maniera stabile e con articolata ripartizione di compiti l’attività usuraria. I delitti contestati sono quelli di associazione per delinquere (art. 416 cp) e numerosi episodi di usura (ben 16) commessi nel territorio di Cancello ed Arnone a decorrere dal 2006 sino al 2016 senza soluzione di continuità.

Le attività di indagine, coordinate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, sono consistite in attività di intercettazione telefonica, servizi di pedinamento e di osservazione, nonché nelle informazioni delle persone offese, oltre che nell’acquisizione di documentazione contabile trovata nella disponibilità degli indagati. Infatti, nel corso di una perquisizione eseguita presso l’abitazione degli arrestati, si sequestrava anche un foglio manoscritto con nomi, cognomi e numeri di telefono delle vittime ed uno schema in bianco attinente le varie entrate ed uscite.

E’ stato cosi raccolto un grave compendio indiziario a carico dei tre componenti del nucleo familiare Petrellese, padre e due figli, tutti incensurati, che, dall’anno 2006 lino a maggio del 2016, in cambio di interessi usurari, avevano prestato decine di migliaia di euro a imprenditori del settore bufalino ed a titolari di piccole attività imprenditoriali, operanti nelle province di Caserta e Napoli.

Le indagini, delegate ai Carabinieri della Stazione di Cancello ed Arnone, hanno consentito di accertare che i tassi imposti per il rientro del credito erano tendenzialmente del 5% mensile, ma, per alcuni prestiti cospicui, venivano praticati interessi anche superiori al 60% annuo sul capitale prestato. In un caso il tasso di interesse ottenuto e stato del 97,46 % annuo. La gravità dei fatti e l’univocità dei riscontri induceva all’adozione della misura cautelare.

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