Lo definisce “rognoso”, poi imbeve il ciucciotto di morfina e lo dà al neonato mandandolo in overdose. Il gesto scellerato di Federica Vecchini ha lasciato impietriti tutta l’unità neonatale dell’ospedale veronese. “Come potremo riprenderci da tutto questo? Saremo per tutti quelli che danno la morfina ai bambini”, dice sbigottita una specializzanda.

Ma questa incredulità – oltre che per il gesto – deriva anche dalla biografia personale dell’infermiera. Federica Vecchini, infatti, era in servizio all’Azienda ospedaliera di Verona da circa 20 anni. I suoi colleghi la descrivono come una persona “brava, competente, molto esperta e amante dei bambini”. “Era considerata una delle più brave”, conferma al Corriere della Sera Paolo Biban, primario di pediatria a indirizzo critico e suo diretto responsabile.

Dal canto suo, l’infermiera, che al momento si trova in carcere, nega tutto. Federica, quindi, dovrà spiegare come sia stato possibile che solo che il neonato affidatole da una collega abbia rischiato di morire poco dopo per una crisi respiratoria gravissima provocata da una massiccia dose di morfina. Ma non solo. La donna dovrà anche spiegare di come solo lei abbia potuto comprendere – l’ unica in reparto – quello che stava accadendo al piccolo durante la crisi respiratoria tanto da convincere il medico in servizio ad utilizzare correttamente un farmaco inibitore degli oppiacei, che ha salvato la vita al bimbo.

Ieri pomeriggio, parlando con il suo avvocato, Federica Vecchini ha negato categoricamente tutte le accuse sul suo conto e si è detta innocente: “Ho pensato a quel farmaco perché ho subito riconosciuto i sintomi. Faccio da vent’anni questo lavoro, ho una grande esperienza. E tutti i miei colleghi hanno rimarcato la mia affidabilità dal punto di vista professionale”.

La conclusione cui è giunta l’indagine interna dell’ospedale prima e quella degli inquirenti poi, è però opposta. L’infermiera sapeva che quel farmaco sarebbe stato efficace perché era stata lei a somministrare la morfina al neonato, probabilmente versandone alcune gocce su un ciuccio.

I punti da chiarire, però, restano ancora tanti. Uno su tutti: era la prima volta che in quel reparto i neonati “rognosi” – così aveva definito il neonato l’infermiera – venivano sedati con la morfina o era già accaduto in passato?

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