Torino. Costretta a vivere un inferno continuo, fatto di umiliazioni e violenza. E’questa la vita vissuta fino ad ora da una bambina di 10 anni che sarebbe stata frustata con il filo elettrico, legata a una sedia per punizione e costretta a svegliarsi all’alba per pregare. Ieri, nel processo a Torino che vede imputata una coppia di egiziani, ha testimoniato una delle insegnanti dalla ragazzina, svelando le paure e i tormenti della sua alunna.

“Preferisco morire piuttosto che vivere in questo modo”: è ciò che ha confessato la piccola alla docente, aggiungendo che a subire queste violenze erano anche i suoi quattro fratelli, tra i 2 e i 18 anni. Mentre i genitori (il padre ha 44 anni, la madre 37) sono a processo, i minori sono stati affidati a una comunità. L’insegnante ha inoltre raccontato i problemi di saluti della sua alunna. “Spesso aveva delle crisi. Diventava bianca, tremava, poi sveniva. Avevamo anche messo un materassino in classe, così da essere in grado di soccorrerla. Due volte, nel novembre 2014, abbiamo dovuto portarla in ospedale. Nonostante i nostri tentativi di dialogo con la mamma, abbiamo ottenuto scarsi risultati”.

L’avvocato della coppia respinge le accuse: “Si tratta di un procedimento su cui ha impatto la matrice culturale. La loro storia si basa in un contesta di estrema povertà. I genitori ricorrono a mezzi di correzione severi che oggi non si usano più, ma non sono sicuramente violenze. Ecco perché i miei assistiti negano le accuse”.

Non è affatto dello stesso avviso, invece, l’avvocato di parte civile: “Ci sono le percosse, le punizioni corporali, le umiliazioni che hanno influito profondamente sulla psiche di questi ragazzi. Questa non può essere una questione culturale”.

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