Non riesce a dimenticare la giuglianese quel tentativo di stupro che stava per consumarsi tra gli scogli di Parghelia, in provincia di Vibo Valentia. Erano da soli quando è accaduto il triste episodio a cui inizialmente nessuno l’aveva creduta, neanche i suoi colleghi con cui si era sfogata. Tanti elementi sono emersi da quella terribile giornata che man mano, la vittima, sta ricostruendo assieme ai suoi avvocati.

La dinamica. E’ il 4 luglio, M.S. – vuole rimanere anonima – giunge come animatrice nel villaggio turistico per guadagnare un po’ di soldi: è il suo primo giorno, l’indomani avrebbe firmato il contratto ma non sa quello che le aspetterà nelle prossime ore. Arriva in stazione nel primo pomeriggio e ad attenderla è il messinese, apparentemente un bravo ragazzo, con cui si era accordata pochi giorni prima su Whatsapp. Più tardi si presenta ai suoi colleghi, molti dei quali sono suoi coetanei, che subito le affidano il mini club per due ore.

Concluso il turno, il gruppo si riunisce nel teatro del villaggio per decidere quale spettacolo organizzare la sera. Tra la giuglianese ed il capo animatore si apre però un’accesa discussione a cui assistono tutti. Nessuno cerca di porre fine alla lite. A questo punto il malintenzionato mette in atto il suo piano: chiedere scusa e convincere la ragazza, allora 18enne, a raggiungere insieme la zona scogliera per chiarirsi.  “Ci siamo seduti. Lui era di fronte a me, dopo la sigaretta mi bacia. Lo allontano, gli chiedo cosa stesse facendo: è fidanzato ed io ero lì solo per lavorare, non volevo altro”, ci spiega M.S.

Il racconto. “Mi alza la maglietta, nonostante abbia cercato di mantenerla abbassata, e inizia a palparmi il seno. Spaventata, faccio un passo indietro e gli dico che riferirò quello che mi ha fatto a tutti. Sempre più eccitato ai miei “non voglio”, rispondeva che tanto avrebbe fatto tutto da solo – poi prosegue in lacrime – Ho visto la rabbia nei suoi occhi, quindi mi spinge verso lo scoglio, mi gira e prova ad abbassarmi i pantaloni. Non è andato oltre solo perché sapeva che avessi il ciclo e disse anche di ritenermi fortunata”. Quella mattina, infatti, la 19enne aveva specificato di non poter andare in piscina a causa delle mestruazioni.

La ragazza, nella circostanza, ha riportato ecchimosi ed ematomi al torace, debitamente certificate dal pronto soccorso dell’ospedale S. Giuliano di Giugliano. I medici l’avrebbero visitata il giorno dopo l’accaduto. Spronata da una sua collega, confessa al migliore amico di A.L. il dramma che ha vissuto pochi attimi fa. Ma la triste vicenda di quest’ultima non finisce qui: il messinese viene a conoscenza della confessione, perciò si vendica licenziandola.

M.S. non ci sta, racconta a tutti quello che le è successo ma nessuno vuole crederla. “Non vogliamo guai e non ci interessa”, le dicono. Qualcuno prova addirittura a mandarla via, qualcun altro invece difende il ragazzo.  Ha un alibi impeccabile: lavora da 9 stagioni, la sua professionalità è ben apprezzata, persino dalla sua agenzia di animazione e dal direttore del resort. Chi mai sospetterebbe di lui?

L’intervento delle autorità. Alle 3:00 giungono i carabinieri del posto – chiamati dalla stessa ragazza – che chiedono delucidazioni al direttore e al ragazzo ma né l’uno né l’altro racconta la verità; risposte vaghe e giustificazioni vengono rilasciate ai militari. Intanto la giuglianese viene trasportata in caserma dove vi passerà la notte, aspettando l’arrivo dei genitori. A.L., invece, rientra impassibile nel villaggio. Una storia agghiacciante quella di M.S., che mai si sarebbe aspettata di vivere quell’inferno e che oggi, a distanza di circa un mese, riporta conseguenze psicologiche devastanti.

Di Silvia D’Angelo

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