Disavanzo di amministrazione, casse vuote e debito strutturale, l’ombra del default aleggia nuovamente sul Comune di Marano. Per ora – secondo gli esperti – l’ente comunale si troverebbe in una situazione di pre-dissesto, frutto anche della sforbiciata ai residui attivi operata di recente dagli uffici. Trentaquattro milioni e 693 mila euro stralciati, di cui 33 milioni e 887 mila per dubbia esigibilità. Residui attivi soltanto sulla carta e che, per anni, hanno consentito a diverse amministrazioni comunale di chiudere positivamente il proprio bilancio. Un’operazione, quello dello stralcio, che per molto tempo era stata fortemente ostacolata da alcuni funzionari, ma divenuta non più rinviabile anche alla luce delle imminenti decisioni del governo in materia di supporto e aiuto agli enti in grosse difficoltà finanziarie.

La ciambella di salvataggio. Il cosiddetto salva Roma ter potrebbe essere l’ancora di salvataggio per i comuni con una popolazione superiore ai 50 mila abitanti, quindi anche per Marano. Lo Stato, se accertata la condizione di pre-dissesto, sarebbe pronto a garantire agli enti locali nuovi finanziamenti, da restituire poi con le formule già sperimentate nel 2012, quando il Comune beneficiò di circa 8 milioni di euro attraverso un finanziamento della Cassa depositi e prestiti. Il Comune insomma avrebbe messo in certo senso le mani avanti, con un’operazione trasparenza (taglio di residui attivi soltanto sulla carta) che potrebbe consentire all’Ente di accedere alle agevolazioni tuttora al vaglio del governo centrale. Ma cosa accadrà d’ora in avanti? Prima di arrivarci, occorre fare un necessario punto della situazione. Il Comune ha chiuso l’esercizio 2013 con un disavanzo di amministrazione pari a circa 7 milioni e 500 mila euro; tantissimi sono i debiti fuori bilancio riconosciuti o in fase di riconoscimento (in un caso, per una confusione tra gli uffici, si è rischiato addirittura di pagare per ben due volte la stessa azienda) e migliaia sono i contenziosi legali pendenti. Il conto consuntivo sbarcherà tra qualche settimana in Consiglio comunale; da quel momento, ovvero da quando il civico consesso prenderà ufficialmente atto della situazione economico-finanziaria dell’Ente, non si potranno assumere impegni e pagare per i servizi non espressamente previsti dalla legge. Le uniche spese consentite saranno quelle per il personale, la squadra amministrativa, la nettezza urbana, l’illuminazione pubblica e il servizio acquedotto.

Il futuro. Occorrerà, per legge, ridurre le spese e non è escluso che possa saltare lo staff del primo cittadino; di certo non potranno essere assunte nuove figure professionali. Di riduzione di tasse e imposte nemmeno a parlarne, anzi molte di queste potrebbero toccare l’aliquota massima. Un dissesto nei fatti, insomma, che potrebbe in qualche modo esser mitigato dall’intervento dello Stato, ma che ad ogni modo – nel breve-medio termine – ricadrà sempre sul capo dei cittadini. Il Comune, dal canto suo, dovrà presentare un piano di riequilibrio pluriennale che dovrà passare al vaglio della Corte dei conti. Da qui la mossa di Longoni: spingere per un’operazione trasparenza dei conti e dei numeri reali (e non fittizi) del bilancio per poter usufruire degli eventuali finanziamenti sovracomunali.

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