Le mani della camorra sulla sconfitta del “Pirata”, inchiesta archiviata. Il gup di Forlì Monica Galassi ha archiviato il procedimento, aperto dalla Procura di Forlì, sull’esclusione dal Giro d’Italia 1999 di Marco Pantani. Respinta la richiesta della famiglia del ciclista di proseguire le indagini e spostare il fascicolo alla Dda di Napoli, visto il presunto intervento della criminalità organizzata nell’esclusione. Lo riportano “Corriere Romagna” e “Resto del Carlino”. Accolta così la tesi della Procura che aveva chiesto l’archiviazione.

Tutto era partito dalle dichiarazioni del boss di Mondragone, La Torre, che avrebbero individuato i responsabili della disfatta di Madonna di Campiglio, dove Marco Pantani fu escluso dal Giro d’Italia dopo un controllo antipoding. “Conoscendo le amicizie dei predetti do per scontato che l’Alleanza di Secondigliano e i boss di Giugliano possano aver organizzato il tutto”, disse il boss nella dichiarazione integrale rilasciata alla Procura di Forlì. “Solo i Mallardo di Giugliano, con poteri decisionali nell’Alleanza di Secondigliano, potevano aver fatto una cosa simile”, disse sempre il boss in un’altra dichiarazione.

Il motivo? Se Pantani avesse vinto, la camorra avrebbe dovuto pagare miliardi di lire di scommesse a nero e sarebbe finita in bancarotta. Falsare i risultati antidoping era l’unica soluzione per boicottare il Giro d’Italia. Un quadro investigativo inquietante, che però fin da l’inizio rischiava già di finire in archivio per l’impossibilità, come dice la Procura di Forlì, di individuare i responsabili dei reati. E pensare che tutto era partito dalle dichiarazioni di Renato Vallanzasca, il criminale lombardo in contatto in carcere con alcuni esponenti di spicco della criminalità partenopea, i quali gli avrebbe rivelato il terribile retroscena del Giro del ’99.

Da lì sono partite le indagini. E’ stato ascoltato dai pm l’uomo che aveva rivelato a Vallanzasca le ragioni dell’esclusione del Pirata dal Giro d’Italia. Poi altri soggetti, tra cui il boss La Torre, in ottimi rapporti con il clan dei Casalesi e con i capi dell’Alleanza di Secondigliano, di cui i Mallardo, soprattutto negli anni ’90, erano i esponenti di primo piano. La loro forza economica ed imprenditoriale renderebbe possibile uno scenario di minacce e intimidazioni in grado di influenzare i controlli antipoding. Due le possibili falsificazioni dei risultati: o attraverso lo scambio di provette, oppure attraverso la “deplasmazione”, cioè l’alterazione in laboratorio dei risultati dell’ematocrito.

Non è un mistero d’altronde che i Mallardo abbiano sempre avuto, insieme ai Lo Russo di Miano, un forte interesse nel business delle scomesse, clandestine e legali. L’inchiesta però si ferma qui e su quel Giro d’Italia resteranno dunque le ombre.

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