Negli ultimi anni molti studi sulla comunicazione politica si sono preoccupati di definire il rapporto tra i media e la politica a partire da processi quali la spettacolarizzazione e la mediatizzazione, focalizzando l’attenzione sugli aspetti relativi alle forme di ibridazione che, in generale, caratterizzano la comunicazione contemporanea.
Molto spesso le analisi si sono soffermate prendendo in considerazione fenomeni come il consumo e la fruizione dell’informazione, pervenendo a risultati che rimandano ad una rappresentazione iperreale della politica, contaminata da generi quali l’intrattenimento e la popolarizzazione dei contenuti [Mazzoleni, Sfardini 2009; Diamanti 2009; Marletti 2010]. Altre ricerche hanno invece spostato l’attenzione sui processi di rafforzamento di fenomeni come ad esempio il populismo e l’antipolitica, e le relative ricadute sulle forme moderne di democrazia, fornendo definizioni che attingono da un universo concettuale e simbolico che prende le distanze dalle tradizionali categorie della politica [Tarchi 2003; Lukacs 2006; Eco 2006; Campus 2007; Laclau 2008].

La comunicazione politica ha dunque subito una sostanziale riorganizzazione delle sue definizioni, delle sue tipologie, dei suoi strumenti di analisi fino a contemplare una vera e propria mutazione genetica, capace di portare effetti tanto sul piano politico quanto su quello mediatico [Mazzoleni 2004]. Le tendenze descritte dai diversi studi costruiscono un mosaico complesso che propone il tema media versus politica come una infrastruttura fondamentale dei sistemi politici democratici. Non è un caso che definizioni come democrazia del pubblico [Manin 2010] siano oggi nuovamente oggetto di un intenso dibattito politico e culturale.

La profonda trasformazione ha investito prepotentemente anche dimensioni che, fino a qualche anno fa, apparivano immutabili davanti alla crescente pervasività dei media. Non solo i partiti ma anche le istituzioni, i governi, i gruppi di pressione, i movimenti appaiono oggi fortemente condizionati dalla media logic [Altheide, Snow 1979] fino al punto di condividerne gli stessi codici linguistici. Siamo davanti ad una nuova tipologia di linguaggio che ha caratterizzato lo sviluppo dei sistemi politici, fino a raggiungere anche le tradizionali arene mediatiche come i quotidiani, i Tg nazionali e i Talk Show.

E’ l’Antilinguaggio della politica, che negli ultimi anni ha caratterizzato il suono delle parole della discussione politica che dai bar si è lentamente trasferita nello spazio politico tout court . Ciò che caratterizza questo tipologia di linguaggio politico travalica i diversi aspetti dell’antipolitica e del populismo linguistico accomunando Silvio Berlusconi a Beppe Grillo, Emilio Fede e Marco Travaglio, contribuendo a portare i dibattiti sulle escort e le case a Montecarlo al centro delle narrazioni politiche. Interrogarsi sull’Antilinguaggio politico vuol dire dunque interrogarsi sulla natura dei nuovi rapporti che intercorrono tra gli attori della politica impegnati nello scambio delle risorse di potere
simbolico.

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