“Se ho problemi con gente malamente mi dai una mano?”.

È una frase che Luigi Simeone, ucciso con la moglie sabato 18 aprile, avrebbe detto ad un conoscente. Il tutto sarebbe successo nei giorni precedenti al delitto.

Il 49enne di Melito si era mostrato preoccupato ma l’amico aveva risposto: “Non mettermi nei casini che già tengo troppi guai”.

E lui avrebbe replicato: “E pure tu tieni ragione, va bene, non fa niente”.

Forse Luigi Simeone sapeva di essere in pericolo. Sapeva che qualcuno voleva fargli del male ma non fino ad uccidere lui e anche la moglie. E così che potrebbero essere tre le persone che si sarebbero macchiate del delitto dei coniugi.

I complici che avrebbero aiutato il maggiore sospettato del delitto attualmente in carcere, il 27enne Antonio Riano, sarebbero due. Tanti i nodi da sciogliere per gli agenti del Commissariato di polizia di Giugliano, diretti dal primo dirigente Pasquale Trocino, che indagano sull’atroce delitto.

La coppia è stata uccisa in auto e poi abbandonata nella cava di Masseria Monticelli. Per questa macabra operazione ci saranno volute tre persone: due per prelevare i corpi e uno di guardia, una sorta di palo, per evitare di essere visti da qualche passante, questa la possibile ricostruzione dei fatti.

La stradina anonima che porta a Masseria Monticelli è una traversa di via Ripuaria, zona dove si appartano prostitute e coppiette. È proprio per questo che per non essere scoperti e mettere in atto il piano criminale senza rischiare di essere visti che le persone in azione sarebbero state almeno tre.

Nella Fiat Multipla, poi, ai piedi del lato guida diversi fogli di giornali sporchi di sangue: come se chi avesse commesso il delitto si fosse poi ripulito. E intanto, il maggiore sospettato del delitto, Antonio Riano, ha risposto al gip.

Ai magistrati avrebbe raccontato di non essere stato lui ad uccidere i due coniugi di Melito. Il suo racconto però non convince gli inquirenti che continuano ad indagare ed a cercare elementi utili per risolvere il caso.

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