Sul sito della Diocesi di Nola è stato pubblicato il testo della lettera con la quale il vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma, ha espresso appoggio a don Fernando Russo che, domenica scorsa, ha abbandonato la processione della Modanna del Rosario, in svolgimento a Livardi, frazione di San Paolo Bel Sito, comune nel quale è parroco, perchè «senza alcuna necessità di ordine cultuale – si legge nella missiva – e in totale autonomina dal parroco, un gruppo di fedeli ha deciso di far sostare la statua della Vergine in un determinato punto del percorso e rivolgerla verso l’abitazione di una famiglia del paese, nota alle forze dell’ordine in quanto parte attiva in quello scellerato sistema di malaffare e ingiustizia chiamato camorra». Una scelta giusta: «lo abbiamo confermato come Chiesa locale anche durante i recenti lavori del Sinodo diocesano – continua Depalma citando la Traccia di lavoro per il Sinodo – la doverosa disponibilità pastorale, in merito alla pietà popolare, non può infatti tradursi in pigra e interessata connivenza, “ne risentirebbero la chiarezza della fede, di cui la Chiesa è debitrice al mondo, e la trasparente testimonianza della comunità parrocchiale”».

«Nello scrivere a te,  – conclude il vescovo – caro Fernando, e alla comunità di Livardi, oltraggiata in un momento di festa, e nel confermarti la mia paterna ed episcopale vicinanza, ribadisco il mio sostegno e la mia preghiera per i parroci della diocesi che quotidianamente si trovano a fronteggiare l’arroganza di quanti, ritenendosi depositari anche della fede credono di poter disporre di essa e della Chiesa per soddisfare un desiderio di affermazione personale al quale tutto va subordinato, anche Dio. Riservandomi il necessario tempo per rispondere, in virtù del mio ministero, al gesto di prepotenza di alcuni fedeli che ha determinato l’interruzione della processione della Madonna del Rosario, ti assicuro la mia preghiera».

 

Il testo della lettera

Nola, 6 giugno 2016

Caro Fernando,

                                   l’ingiustificabile comportamento assunto ieri dai portantini della statua della Madonna del Rosario di Livardi, durante l’annuale processione, mi ha rattristato nel profondo: senza alcuna necessità di ordine cultuale e in totale autonomina dal parroco, un gruppo di fedeli ha deciso di far sostare la statua della Vergine in un determinato punto del percorso e rivolgerla verso l’abitazione di una famiglia del paese, nota alle forze dell’ordine in quanto parte attiva in quello scellerato sistema di malaffare e ingiustizia chiamato camorra.

 

Nell’ascoltare il tuo racconto ho percepito il dolore che in quanto pastore di quella comunità hai provato nel vedere il tuo gregge procedere come se non avesse una guida: un dolore acuto il tuo, derivante dalla consapevolezza che, ignorando la tua presenza, ignorando le tue scelte pastorali, quel gregge ha ignorato Colui al quale, in quanto sacerdote, la tua persona rimanda: Gesù Cristo nostro Signore. Per questo comprendo e appoggio la tua scelta di abbandonare la processione; lo abbiamo confermato come Chiesa locale anche durante i recenti lavori del sinodo diocesano: la doverosa disponibilità pastorale, in merito alla pietà popolare, non può infatti tradursi in pigra e interessata connivenza, “ne risentirebbero la chiarezza della fede, di cui la Chiesa è debitrice al mondo, e la trasparente testimonianza della comunità parrocchiale” (Cfr. Instrumentum Laboris. Traccia di lavoro per il sinodo diocesano).

 

Fine della pietà popolare non è, infatti, l’affermazione del sentire religioso diffuso sulla fede della Chiesa fondata sulla rivelazione e sulla tradizione apostolica: fine della pietà popolare, così come ribadito dalla Conferenza Episcopale Campana nel documento del 2013 “Evangelizzare la pieta popolare”, è la maggior gloria di Dio e la santificazione dei fedeli; fine che condivide con la liturgia verso cui deve essere orientata essendo questa “il culmine verso cui tende tutta l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (SacrosanctumComcilium, 10). La Chiesa tutta è chiamata ad essere testimone del suo Signore: o la pietà popolare diventa possibilità di incontro con Lui e possibilità di pubblica dichiarazione del nostro amore incondizionato per Lui, o si riduce a messa in pratica di riti, anche antichi, ma deformati, svuotati, ridotti a pratiche superstiziose o strumentalizzate nell’illusoria convinzione che dimostrare di avere il governo del culto – e quindi poter decidere la sosta di una statua – sia segno della benevolenza di Dio.

 

Il nostro Dio, il cui volto paterno ci è stato rivelato da Gesù Cisto, è amore. Lo crediamo, lo sappiamo. Ma quest’amore non è slegato dalla verità e non è slegato dalla giustizia: l’amore non può essere preteso, l’amore può solo essere liberamente donato e liberamente accolto. Lo sguardo di Dio, anche attraverso quello della Vergine e dei Santi, è sempre rivolto all’umanità, ad ogni singolo uomo: nessuno è escluso da quest’amore! A tutti è richiesta una sola cosa, rispondervi seguendo Gesù Cristo. A quanti hanno violentato la processione di Livardi, pretendendo l’omaggio della statua, e quindi della Chiesa, dico: se desiderate l’amore chiedete perdono per la vostra arroganza, solo così quello sguardo preteso si rivelerà quale amore gratuito che non vi chiama al comando della comunità cui appartenete ma al suo servizio, in umiltà.

 

Nello scrivere a te, caro Fernando, e alla comunità di Livardi, oltraggiata in un momento di festa, e nel confermarti la mia paterna ed episcopale vicinanza, ribadisco il mio sostegno e la mia preghiera per i parroci della diocesi che quotidianamente si trovano a fronteggiare l’arroganza di quanti, ritenendosi depositari anche della fede credono di poter disporre di essa e della Chiesa per soddisfare un desiderio di affermazione personale al quale tutto va subordinato, anche Dio.

 

Riservandomi il necessario tempo per rispondere, in virtù del mio ministero, al gesto di prepotenza di alcuni fedeli che ha determinato l’interruzione della processione della Madonna del Rosario, ti assicuro la mia preghiera.

Beniamino Depalma

(immagine di repertorio)

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