Uccisa a calci dai compagni di scuola, il tutto in diretta video su Facebook. La 19enne Serena chiedeva aiuto: “Vi prego, lasciatemi stare. Mi dispiace”. Il gruppo di adolescenti continuò però a colpirla. Il terribile episodio è avvenuto nella riserva naturale di Sagkeeng First Nation, in Canada. Il gruppo l’ha massacrata fino a ucciderla.

Ancora ignori i motivi della folle violenza. Gli unici dati certi sono che Serena non è riuscita a sopravvivere a quella scarica di colpi sferrati dai suoi aguzzini e che, adesso, a poche settimane dall’attacco, la polizia ha arrestato due ragazze di 16 e 17 anni. Era il 23 aprile e Serena McKay, 19enne di Winnipeg, era stata probabilmente attirata con l’inganno in quella riserva. Una volta lì, senza che nessuno potesse sentirla tra quegli alberi alti che la circondavano, è iniziato il pestaggio. Un gruppo di ragazzi ha scatenato su di lei la propria rabbia, colpendola ripetutamente alla testa: nelle immagini girate in diretta si vede Serena sanguinante, a mala pena ancora cosciente, che con un filo di voce chiede perdono per ciò che ha commesso. Poi il video si interrompe. Il massacro è finito. Non molto lontano la famiglia della vittima, non vedendola rientrare, aveva fatto scattare l’allarme: Serena è stata ritrovata priva di vita tra il fogliame, mentre il video del massacro rimbalzava di telefonino in telefonino tra i ragazzi della cittadina.

Ci sono voluti alcuni giorni prima che quelle immagini choc arrivassero sul tavolo degli investigatori, portandoli ad arrestare due ragazze di 16 e 17 anni che frequentavano la Sagkeeng Anicinabe High School insieme alla vittima, che avrebbe dovuto diplomarsi quest’anno: sono accusate di omicidio di secondo grado, ma la lista delle persone coinvolte è destinata a rimpinguarsi.

«Dopo aver visto il contenuto del video sono sotto choc – ha detto Claude Guimond, preside della scuola – Non c’è nessuno sano di mente che avrebbe potuto fare una cosa del genere. Dovevano essere sotto l’effetto di qualche droga perché non riesco a spiegare una violenza simile».

fonte: Il Mattino 

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