È una forma tipicamente italiana quella di attaccare sempre gli arbitraggi e non fare mai autocritica. Bisogna magari ricondurre le critiche piuttosto verso se stessi e non sempre verso gli arbitri”. Così l’ad della Juve, Giuseppe Marotta, ha risposto ad una domanda sulle proteste del Napoli per il gol di Pinilla di domenica, a margine dell’incontro arbitri-società a Fiumicino. “Campionato falsato? Ormai questo aggettivo è ricorrente, ma in un campionato episodi si bilanciano e alla fine vince il migliore”.

Parole, dette da Marotta, che hanno un peso specifico particolare. Un uomo che mostra un’incoerenza unica da quando veste i panni di dirigente bianconero visto che sovente si erge a difensore della giustizia e della regolarità del campionato dimenticando quanto detto in passato, quando a subire certi trattamenti del genere era proprio lui.

 

Siamo nel 2009, Beppe Marotta sta facendo miracoli con la Sampdoria di Cassano e Pazzini, forse la coppia d’attacco blucerchiata più forte dai tempi di Vialli e Mancini. “Chiediamo rispetto” diceva Marotta, che si scagliava contro la Lazio. “La Samp è una provinciale, si fa fatica a puntare a grandi traguardi e a conquistare spazio mediatico. Se a subire un errore è una grande, lo spazio sui giornali è maggiore, se lo subiamo noi, tutto scema. Non si tratta di congiure, ma di semplice sudditanza psicologica. Il mio ruolo mi impone di protestare per i danni subiti”.

Evidentemente, per Marotta, all’epoca, il verdetto del campo poteva anche non essere accettato.

 

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