I commercianti sorpresi ad esporre sulla strada cassette con frutta e verdura rischiano una condanna penale, punita con l’ammenda per violazione della legge 283/1962 in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e bevande. La terza sezione penale della Cassazione ha confermato, con un pronunciamento di pochi giorni fa, la condanna inflitta dal tribunale di Nola ad un uomo di Pomigliano d’Arco, che aveva esposto sulla pubblica via tre cassette e tutte in cattivo stato di conservazione. I giudici hanno ribadito che la “messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta agli agenti inquinanti, costituisce una violazione dell’obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari”.

 

Riportiamo questi passaggi non perché essi non siano chiari alle istituzioni preposte, alle forze di polizia locali, agli assessori al ramo, ma nella speranza che anche dalle nostre parti si muova finalmente qualcosa. Troppo spesso infatti si è lasciato correre. Eppure numerose sarebbero le attività commerciali da chiudere o sospendere. Basta fare un giro per le principali arterie cittadine (corso Mediterraneo, corso Umberto, via IV Novembre, via San Rocco, viale Duca D’Aosta) per rendersi conto del diffuso tasso di illegalità. Dal centro alla periferia, infatti, è un proliferare di bancarelle, cassette di frutta e verdura e tant’altro esposta sui marciapiedi, negli spazi non consentiti e persino sulle strisce blu. Come se non bastasse, poi, occorre ricordare (per l’ennesima volta) che, dal 1 gennaio del 2013, i gestori di bar, caffetterie e altri esercizi commerciali che somministrano bevande e merci sulla pubblica via sono in regime di totale illegalità. Tutte le autorizzazioni per l’occupazione di suolo pubblico, rilasciata negli anni scorsi, sono state revocate nell’ottobre del 2012.

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