“Io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire” diceva Jep Gambardella ne La Grande Bellezza, stessa cosa dicasi per Gonzalo Higuain, solo che la sua mondanità è la partita, il match. Ogni domenica lui va ad una festa ed è in assoluto il re della festa, è il re dei mondani, lo è diventato facendo il bello ed il cattivo tempo e quando manca, in effetti la festa fallisce. Gonzalo Higuain è riuscito a coronare il sogno di Gambardella grazie alla sua classe innata, grazie ad una potenza di fuoco e ad una caparbietà che poche volte si erano viste in maglia azzurra. L’eredità pesante di Cavani non ha scalfito in questo triennio la fame di Higuain che anzi pare cancellare il campione uruguagio in molti cuori dei napoletani e a quelli che ancora ricordano, sognando,  Edinson non devono perdere di vista quel calciatore né devono farsi abbattere da chi li critica, in fondo “Che cosa avete contro la nostalgia, eh? È l’unico svago che resta per chi è diffidente verso il futuro, l’unico”.

 

Higuain è immarcabile quest’anno. In ogni partita il suo copione è come quello di un prestigiatore, si divide in tre atti: la promessa, quando tocca quel pallone, stoppandolo come solo un mago può fare, la svolta, quando comincia a correre palla al piede, e il prestigio, quando lancia un compagno o più semplicemente, quando segna, perché in fondo, Gonzalo come Jep Gambardella, era fin da giovane destinato alla sensibilità, quella del tocco, era fin da giovane destinato ad essere Gonzalo Higuain.

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