Non un semplice “guappo di campagna” ma un vero mafioso, affiliato direttamente alla mafia siciliana. E’ lo scenario inedito che emerge dopo anni sul boss Alfredo Maisto, capoclan di Giugliano e dintorni fino alla morte nel 1976 che aprì la strada all’ascesa dei Mallardo, i ‘Carlantonio’ esponenti del cartello criminale della Nuova Famiglia e padroni della terza città della Campania fino ai giorni nostri.

Maisto sarebbe stato dunque il primo “punciuto del continente” (il battesimo per entrare in Cosa Nostra avveniva con la puntura di uno spillo ed un santino bruciato, ndr), addirittura qualche decennio primo dei Nuvoletta di Marano. Il primo vero alleato dei siciliani in Campania si sarebbe trovato quindi a Giugliano e poi successivamente nella roccaforte maranese di Poggio Vallesana. I rapporti tra famiglia Maisto e siciliani erano già noti ma ora emerge che gli era stato attributo dalla Cupola un ruolo di primo piano all’interno dell’organizzazione. Fino ad oggi, invece, la presenza di un nucleo mafioso in Campania era stata fatta risalire al 1972-73, con l’assunzione della centralità strategica del capoluogo partenopeo nel contrabbando di sigarette.

A parlare di ‘don’ Alfredo è stato Franco di Carlo, ex boss di Corleone poi diventato un collaboratore di giustizia ritenuto attendibile da diversi tribunali. Le rivelazioni dell’ex padrino di Altofonte, consigliere di Totò Riina, sono riportate nel libro “Camorra Nostra” scritto dal giornalista Giorgio Mottola.

Del boss di Giugliano si parla nel capitolo che riguarda l’omicidio di Pasquale Simonetti, alias Pascalone e’ Nola e sposata con Pupetta Maresca, ucciso al Vasto di Napoli nel ’55 da Gaetano Nuvoletta con la complicità di suo zio Gaetano Orlando, detto Tanino ‘e Bastimento, a quanto pare su ordine proprio del capoclan giuglianese. Maisto, insieme allo stesso Simonetti ed Antonio Esposito, era uno dei “presidenti dei prezzi” che gestivano il commercio ortofrutticolo tra Napoli e provincia.

“Le relazioni della famiglia Maisto con la mafia siciliana, infatti, – si legge – sono documentate fin dal dopoguerra, per la compravendita di prodotti agricoli e derrate alimentari. E risaputi sono i suoi ottimi rapporti con uno dei capi della mafia palermitana di quel periodo, Paolo Bontate, padre del famoso Stefano, che non a caso negli anni Sessanta ha trascorso un periodo di latitanza nella vicina Qualiano.”

“Ciò che invece fino a oggi non si è saputo – spiega l’autore – è che Alfredo Maisto, anche in virtù dei rapporti coltivati in passato con i siciliani da altri membri della sua famiglia, fosse stato affiliato a Cosa Nostra fin dagli anni Cinquanta”.

Ecco quanto sostiene il pentito Di Carlo: “Alfredo Maisto è stato nominato capo della famiglia di Cosa Nostra in Campania, che all’epoca dipendeva direttamente dalla provincia di Palermo e quindi dall’allora capocommissione, Salvatore Greco di Ciaciulli, detto Chiccheddu”.

Secondo la testimonianza, quindi, bisogna retrodatare di almeno quindici anni la nascita di una organizzazione mafiosa in Campania controllata direttamente dalla Cupola siciliana. Di questa famiglia mafiosa insieme a don Alfredo avrebbero fatto parte anche quattro fratelli: Luigi e Peppe Sciorio ed i maranesi Antonio e Gaetano Orlando, che i siciliani li aveva conosciuti durante la sua reclusione all’Ucciardone.

 

 

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