Manolo Gabbiadini è un calciatore del Napoli. Ora lo si può annunciare, ora è ufficiale, accolto da 1000 tifosi a Capodichino, festeggiato ancora prima di vederlo con la maglia azzurra addosso. La sua storia è semplice, tranquilla, non articolata e planetaria come quella di De Guzman, né tantomeno lineare come quella di Insigne, cresciuto in una famiglia di calciatori.

 

Per chi mastica un po’ la pallacanestro, il parallelo tra Manolo e Reggie Miller è immediato per esempio. Miller è stato uno dei giocatori più forti di sempre, cresciuto in quello sfortunato periodo che fu, per gli avversari, l’Era Jordan, però tirava come neanche His Airness riusciva. Per molti il miglior tiratore della storia, per chi vi parla solo, tra virgolette, nella Top3. Miller crebbe sotto una luce, quella di Cheryl Miller, la sorella, la più grande giocatrice di Basket della storia. Manolo, come Reggie, è cresciuto sotto la luce della sorella, Melania, una delle giocatrici più forti del mondo.

Proprio l’ex calciatore della Samp racconta un episodio, di una volta in cui era in tribuna con la famiglia per una partita della sorella, la vede tirare, palla sulla traversa e pallone bucato. Avete capito bene, bucato, come in una puntata di Holly e Benji. “Cavolo se è forte mia sorella” dirà poi il piccolo Manolo che voleva diventare forte come lei, umile come Melania che con 3 Oscar del calcio consecutivi continua ad essere una ragazza semplicissima e sempre a disposizione di tutti.

 

La famiglia, classica famiglia bergamasca tutta lavoro e figli, puntava molto su Melania. Fin da piccolo il nuovo attaccante del Napoli viene scorrazzato per tutta la Pianura Padana per seguire la sorellona, nel mentre viene notato dall’Atalanta, perché non è che lui stia con le mani in mano, per poi essere ceduto in prestito al Palazzolo e al Montichiari, chiuso dalla troppa concorrenza nel vivaio della Dea, prima del ritorno a Bergamo.

In quel periodo Gabbiadini è in quell’atroce momento nella vita di un calciatore in cui sai di essere bravo ma non sei sicuro di potercela fare, allora come premunirsi? Manolo si mette a fare il meccanico. Lo fa per 2 anni poi intuisce che forse è meglio crederci fino in fondo in questo sogno chiamato Calcio e viene ripagato. E’ il 14 marzo del 2010, Parma-Atalanta, Manolo è in panchina fino a che arriva la chiamata di Mutti, il terzo allenatore di quella travagliata stagione che finirà con la retrocessione dell’Atalanta. Gabbiadini entra, esce Tiribocchi, uno che a Bergamo in 3 anni si è fatto amare non poco. E’ l’inizio della storia. Quella partita la perderà, 1-0 con gol di Bojinov, poi ne vincerà tante altre.

 

In Serie B non resta a Bergamo, viene ceduto in comproprietà al Cittadella perché l’Atalanta vuole a tutti i costi Ardemagni che l’anno prima aveva siglato 22 marcature nel campionato cadetto salvo poi riprendersi Gabbiadini dopo l’ottima stagione e la candidatura, a 19 anni, di miglior giovane della Serie B.

 

A Bergamo non ingrana benissimo ma resiste alle lusinghe di tante big, su tutte l’Amburgo che quell’anno si accaparrò anche Jacopo Sala dal nostro campionato, e che voleva ricostruire la sua gloriosa storia affidando le chiavi dell’attacco a Gabbiadini e Marcus Berg. Pagliari, l’agente del ragazzo, e la famiglia Percassi rispedirono tutto al mittente però.

 

Il ritorno in A lo vede protagonista in una sola occasione con il gol al Bologna, Bologna che poi sarà il suo futuro perché l’anno successivo viene spedito in Emilia. Nel mezzo però c’è stata una Vecchia Signora bianconera che sfrutta l’occhio lungo di Marotta. Acquistato Gabbiadini in comproprietà per 5 milioni e mezzo di euro. Al Bologna fa intravedere le sue doti, segna un gol anche al Napoli e poi va via, lascia i rosso blù. Il futuro si chiama Samp.

La Juve lo riscatta per 5 milioni e mezzo, che poi in realtà vengono pagati dalla Sampdoria visto che è quella la cifra che i genovesi sborsano per la metà del ragazzo e l’esordio è subito fulminante grazie alla doppietta in Coppa Italia contro il Benevento. L’anno scorso tocca la doppia cifra stagionale, quest’anno c’è stata l’esplosione, da maturare definitivamente nel Napoli.

Mihaijlovic lo vede come un figlio prediletto a cui dare la bacchetta che usava lui per calciare quelle punizioni che venivano studiate all’Istituto di Fisica di Belgrado. Gabbiadini è diventato un asso sui calci piazzati, un tiratore scelto, proprio come lo fu Reggie Miller, proprio come lo è Melania che buca i palloni e tornando un pochino indietro, riscopriamo un altro personaggio della sua storia: Antonio Conte, uno che di calcio, potete scommetterci, ne mastica abbastanza.

Conte lo portò in prima squadra ai tempi dell’Atalanta, Conte lo voleva alla Juventus, anche quest’anno, poi lo avevano inizialmente consolato con Morata, Conte lo ha voluto in nazionale, Conte lo ritiene uno degli attaccanti più forti della sua generazione.

 

Il Napoli è quindi riuscito ad assicurarsi un ragazzo dall’animo gentile, schivo ma dolce, cresciuto a pane e pallone. Uno che a Napoli, insomma, dovrebbe trovarsi proprio bene.

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