“Coraggio, onestà e forza, i tre principi perfetti, dai quali, imparare ad essere uomini migliori, capaci di superare le enormi difficoltà della vita”. Questo il messaggio che traspare dal significativo docu film “Enzo Tortora, una ferita all’italiana” di Ambrogio Crespi, giovane regista, proiettato ieri pomeriggio nell’aula magna dell’ Istituto fratelli Maristi di Giugliano. L’evento è stato organizzato dall’associazione culturale Ibris, con l’intento di sensibilizzare e promuovere la conoscenza della malagiustizia soprattutto per i giovani d’oggi. Tanta l’emozione e la rabbia nei volti dei partecipanti numerosi durante la proiezione, che ha saputo colpire gli animi di tutti. Enzo Tortora testimone di uno dei casi di mala giustizia italiana più clamoroso di tutti i tempi, fu arrestato nell’ottobre del 1983.L’uomo fu scambiato per “omonimia” con uno degli affiliati dell’associazione camorristica “nuova camorra”, il quale subì la galera, arresti domiciliari e anni di processi per dimostrare la propria e assoluta innocenza. Tortora, il mitico conduttore di “Portobello” , fu anche eurodeputato del partito radicale del quale divenne presidente. Uomo di grande sensibilità, il quale sapeva trasmettere nel suo dolore, senso di coraggio nel portare avanti la sua battaglia legale senza mai arrendersi. Solo la morte subentrata nel 1987 dopo anni di grande sofferenza, arrestò il grido del grande Enzo.

Dopo la proiezione del docu film , c’è stato un incontro- dibattito dove sono intervenuti il giornalista Edoardo Pellegrino che afferma: “Enzo Tortora fu, come poi hanno dimostrato gli stessi magistrati, estraneo ai fatti, coinvolto forse proprio per la popolarità televisiva, conduttore di grande fama, amato dal pubblico italiano, si vide travolto in quella che lui definirà poi “la bomba” che scatenò gli anni bui della sua vita. Tortora non era un uomo potente, ma popolare e questo creò ancora più scalpore e “caos” al caso”.

L’avvocato Enrico Coppola, figlio dell’avvocato Antonio Coppola, il quale seguì il caso Tortora, che spiega: “Il caso più clamoroso dell’Italia degli anni ottanta, fece il suo corso, non si ebbe la volontà dei magistrati di condannare un innocente, ma quelli che lo accusarono, riuscirono poi a dimostrare l’innocenza di Tortora poiché si preoccuparono di focalizzarsi sulla veridicità o falsità delle accuse mosse contro Tortora. Un’agenda con i nomi e i numeri degli affiliati al clan camorristico, riuscì a mettere fine a questo calvario interminabile, nella lettura erronea dei magistrati di una lettera diversa nel cognome del vero affiliato al clan: “Enzo Tortona”.

Centinaia in quei periodi furono condannati solo per omonimia”.

Ed infine il  professore onorevole Antonio Iodice il quale dice: “ il caso Tortora dimostra un’arretratezza giuridica, una decadenza della giustizia, un limite della magistratura assurdo che iniziò con questo caso e che, ci è pervenuto negli anni, non abbiamo infatti ancora avuto l’onore di non ascoltare più testimoni di mala giustizia, condannati o accusati ingiustamente. Abbiamo un caso a noi vicino come quello di tangentopoli che ha visto condannare i cosidetti “estranei” ai fatti, un processo non ancora terminato che ha visto come protagonisti anche e soprattutto uomini innocenti, che hanno subito situazioni più grandi di loro, ai quali non verrà mai più restituita quella dignità, quella moralità e libertà strappata senza aver commesso nulla”.

Parole queste che obbligano al silenzio e alla riflessione, assistiamo ancora oggi dopo 30 anni dal caso Tortora, fatti che coinvolgono persone innocenti, padri o madri di famiglia che vengono accusati ingiustamente. Fatti che inducono le persone ad essere sempre più demotivate nel credere alla sana e vera giustizia.

Enzo Tortora è stato un eroe, un esempio emblematico per chi ha vissuto la stessa vicenda, ha saputo non arrendersi dinanzi alle false accuse, dinanzi alla prigionia fisica e mentale, che subì in quegli anni di grande tragedia, che coinvolse lui e la sua famiglia, oltre tutte le accuse che infangarono il suo nome e la sua immagine, seppe sempre e comunque trasmettere amore e rispetto, il suo amato pubblico che dapprima lo abbandonò, ovviamente dopo il clamoroso arresto, ma che poi lo ha sostenuto e denominato: “Uomo Perbene”. Ed è così che l’Enzo di tutti viene ancora oggi ricordato dagli italiani.

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