Ciro è stato ucciso da una bravata. La motivazione della sentenza di appello dei giudici della prima Corte di Assise di Roma fa già discutere. Stessa sentenza che inflisse 16, dai primi 26,  gli anni di carcere inflitti a De Santis. Una bravata insomma in quel lontano 2014.  Per tre volte il giudice utilizza questa frase per definire l’assurdo comportamento dell’ex capo ultrà romanista. Per i giudici non vi fu alcun raid, nessun agguato premeditato  «Dei botti – si legge – delle bombe carta e dei sassi con i quali sarebbero stati bersagliati i napoletani non si è rinvenuta traccia. Quei botti e quelle bombe sono il frutto della suggestione collettiva, di una ricostruzione ex post. Se i tifosi napoletani si posero all’inseguimento di De Santis ciò accadde per la decisione repentina di Ciro Esposito e di chi si trovava con lui: decisione finalizzata a regolare i conti». Il testo riportato oggi su Il Mattino.

Secondo il documento fu Gastone a sparare. Lui stesso fu l’autore della «bravata contro i pullman», affrontò le carovane di supporter azzurri per poi essere aggredito dai napoletani. Ciro poi insegue De Santis con altri tifosi: «Esposito  colpì De Santis con un pugno alla testa quando Gastone era già in fuga. Poi i colpi di pistola esplosi in rapida successione». Respinta anche l’ipotesi della legittima difesa: «De Santis aveva posto le condizioni obiettive che provocarono la sequenza di eventi destinati a culminare nell’omicidio di Ciro”. Ed infine, si legge sempre nelle  motivazioni: «De Santis non si limitò ad esibire la pistola o a sparare in aria a scopo intimidatorio e nemmeno mirò a parti non vitali del corpo dei suoi contendenti. Esplose ben cinque colpi ad altezza uomo, quattro dei quali andarono a segno. La ripetizione dei colpi è indice di volontarietà di ferire».

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