Cosa succede ora con le dimissioni di Renzi e la vittoria del “no” al referendum del 4 dicembre? La notizia della vittoria del “no” ha scosso i mercati e il partito democratico e apre scenari importanti sul dopo-referendum che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, potrà valutare prima di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni politiche per il 2017.

Cosa succedere ora che ha vinto il no?

Cerchiamo di fare chiarezza. Va anzitutto specificato che Renzi non ha alcun obbligo costituzionale a dimettersi.  E’ normale, però, che da un punto di vista politico, dopo l’insucesso del referendum, si apre una crisi politica all’interno della sua maggioranza. Questa mattina Mattarella è stato a colloquio con Renzi per almeno un’ora. C’è da un dato di fatto da cui partire. Per il Capo dello Stato il referendum non va considerato alla stregua di un’elezione politica e il Partito democratico non è un’ipotesi così peregrina.

Renzi Bis? Ipotesi improbabile, nel discorso sulle sue dimissioni, Renzi ha annunciato a Palazzo Chigi, senza mezzi termini, che la “sua esperienza finisce qui”. Non c’è spazio a ripensamenti. Ciò che è più probabile, invece, è che Matteo Renzi non si dimetterà dalla segreteria del PD. Se deve ricostruire un’immagine politica lo potrà fare soltanto all’interno del suo partito.

I nomi dopo Renzi? Molto dipenderà dai paletti che metterà lo stesso Renzi, che adesso si propone come uomo della transizione. E tanto dipenderà anche dalle reazioni dei mercati finanziari e dello spread. Se lo scenario è destabilizzante, probabilmente verrà proposto un tecnico di garanzia come lo stesso Padoan, ben visto anche dalle istituzioni europee. Al contrario, invece, se il sistema dovesse essere stabile e poco incline agli smottamenti provocati dalla vittoria del “no”, la battaglia in Parlamento verrebbe condotta sulla legge elettorale e una figura super partes come Piero Grasso potrebbe essere una soluzione condivisa anche nello schieramento di centrodestra.

Qualora, invece, Mattarella voglia portare il Parlamento fino alla fine della legislatura, servirebbe un nome del PD per traghettare il Paese fuori dalla burrasca referendaria. E’ inevitabile, infatti, che qualsiasi nome alternativo a Renzi debba uscire dalle file del partito che ha la maggioranza in Camera e in Senato. Spuntano i nomi di Graziano Delrio e di Prodi. Quest’ultimo, schieratosi a favore del “sì” durante la campagna referendaria, viene invocato a gran voce da tante correnti del Partito Democratico. Potrebbe essere lui la figura di garanzia per il dopo-Renzi che il Quirinale tirerà fuori dal cilindro ora che ha vinto il “no”?

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