Due pomodorini marci si affacciano sulla devastazione. Lastre di eternit danno il benvenuto all’area più inquinata di Giugliano, rifiuti incendiati attendono lì di essere rimossi, altri di essere dati alle fiamme da mano ignote, e nel frattempo  la resit cava Z, l’unica rimasta fuori dai roghi di questi giorni, brucia.

 

Mano o mani ignote, incendio doloso, nessuna autocombustione dicono in coro il sindaco e il commissario De Biase. Sul posto i carabinieri mettono a verbale, raccolgono le testimonianze dei custodi che a quanto pare non hanno visto nulla. Ma non ci sono dubbi: l’incendio è stato appiccato dal di dentro. Qualcuno ha scavalcato il muretto, poco ci vuole, e ha dato fuoco alla parte laterale dell’invaso sequestrato anni fa.

 

Ma perché? Perché appiccare gli incendi alle discariche sotto sequestro? Queste domande dovranno essere chiarite dalla magistratura. Ma non c’è dubbio che qualcuno, chissà chi, voglia dare un messaggio. Ma quale? Le bonifiche e gli appalti sono stati avviati da tempo e a fine mese il Tar si pronuncerà sul ricorso della ditta estromessa dopo l’intervento di Cantone.

 

Intanto però le forze dell’ordine cercano di ricollegare tutto, prima l’incendio della cava X nel quale andarono in fumo i documenti che riportavano le analisi del terreno della cava appartenuta a Cipriano Chianese, anche in questo caso doloso. Poi a fuoco Masseria del Pozzo, poi, oggi, cava Z.

 

Che ci sia una regia occulta è quasi certo. Da un lato mani ignote, dall’altro lo Stato che cerca di raccogliere i dati dell’inquinamento dell’aria. Proprio oggi, durante l’incendio, sono state apposte delle palline di muschio sugli alberi che saranno poi analizzate. Dalle analisi si comprenderà lo stato di inquinamento dell’aria. Ovvero quello che una intera popolazione respira ogni giorno. E vista la situazione poco c’è da essere sereni.

 

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