Roma. A poche settimane dalla prima ‘rata’ del nuovo canone Rai inserito in bolletta, il Consiglio di Stato – chiamato per legge a dare un parere prima della promulgazione – boccia clamorosamente il decreto che lo regola.

Nel suo atto, il Consiglio di Stato lamenta che il decreto – scritto dal ministero dello Sviluppo Economico – non offre una “definizione di apparecchio tv”. E nemmeno precisa che il canone va versato una volta sola, indipendentemente da quanti televisori si possiedono all’interno dell’abitazione. E’ indispensabile chiarire che la famiglia deve versare la gabella un’unica volta, e soltanto se possiede un tv in grado di ricevere i programmi in modo diretto “oppure attraverso il decoder”. In questo modo, il decreto chiarirà una volta e per sempre che non si deve pagare niente quando si hanno uno “smartphone o un tablet” che pure riescono oggi a intercettare il segnale televisivo.

PRIVACY – Una bocciatura che si allarga anche al fronte della privacy, vista l’elevata mole di dati che si scambieranno gli “enti coinvolti (Anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, Acquirente unico, Ministero dell’interno, Comuni e società private)”. Eppure il decreto ministeriale non prevede neanche uno straccio di “disposizione regolamentare” che assicuri il rispetto delle normativa sulla riservatezza.

SCARSA CHIAREZZA – Oscuro viene definito il passaggio che individua le categorie di utenti tenute al pagamento dell’imposta per Viale Mazzini, insieme al capitolo sulla dichiarazione da inviare all’Agenzia delle Entrate per attestare il non possesso del televisore. Gli adempimenti in capo a chi non deve versare la gabella tv sono tali da imporre allo Stato una campagna d’informazione capillare, che il decreto però si guarda bene dal chiedere.

Infine il Consiglio di Stato punta l’indice sul fatto che il ministero dell’Economia non ha dato un formale via libera (attraverso il meccanismo del “concerto”) al decreto scritto dal ministero dello Sviluppo Economico. Il ministero dell’Economia si è limitato ad una presa d’atto dell’esistenza di questo atto. In assenza del “concerto”, però, si rischia di inficiare la “correttezza formale” dell’iter amministrativo.

Nell’espletamento della sua funzione consultiva, il Consiglio di Stato fornisce pareri circa la regolarità e la legittimità, il merito e la convenienza degli atti amministrativi dei singoli ministeri, del Governo come organo collegiale o delle Regioni. Dunque un parere non vincolante, ma certo di peso. Specie su una materia in cui diversi giuristi prevedono una pioggia di ricorsi.

Fonte: Quifinanza.it

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