Un clan strutturato, potentissimo. Radicato tra Sant’Antimo, Grumo Nevano e Casandrino. In grado di intrecciare rapporti criminali anche con i Longobardi – Beneduce di Pozzuoli, i Mazzarella di Napoli e i “vicini” Amato-Pagano di Melito.

I vertici. Al vertice dell’organizzazione smantellata stamattina da un blitz della DDA di Napoli che ha portato all’arresto di 7 persone c’era Pasquale Puca detto “o minorenne”, oggi sottoposto alla misura di sicurezza della casa lavoro, ma evidentemente in grado ancora di condizionare le decisioni della cosca santantimese. I reggenti del clan erano Luigi Spirito, detto “Palatella” e da Francesco Dell’Omo, detto ‘o Maranese.

I ruoli. Il primo aveva il compito di gestire il traffico delle sostanze stupefacenti e di rifornire alcune piazze limitrofe. Il secondo curava le attività estorsive. Racket, imposizione di merce, slot machines. Ma aveva anche ruoli di “ambasciatore”: manteneva saldi i rapporti con gli Amato-Pagano, i cosiddetti “Scissionisti” di Melito, a cui era legato da un patto criminale che prevedeva la ripartizione dei proventi derivanti dalle estorsioni nei comuni limitrofi.

I gregari. Scendendo nella scala gerarchica si trovano i gregari. Lorenzo Iavazzo era la “pistola” del clan Puca, un killer spietato, secondo gli investigatori. Antonio Paciolla era invece il “luogotenente” incaricato di gestire il traffico di stupefacenti fuori dai confini santantimesi. E infine Antimo Di Biase e Claudio Iamino, che si preoccupavano degli aspetti logistici del clan, come procurare veicoli e armi e custodirle per garantire la potenza intimidatoria della cosca.

La faida con i Verde. La supremazia del clan Puca era schiacciante. Nella seconda metà dei primi anni del 2000 aveva limitato la forza del clan avversari, tra cui gli storici rivali: i Verde. Una faida interna culminata nell’omicidio di Francesco Verde, detto “O Negus”, commesso nel 2007. Il boss fu ammazzato a Casandrino mentre era di ritorno dal commissariato di polizia di Frattamaggiore, dove era sottoposto all’obbligo di firma. Nell’agguato rimase ferito il nipote del boss, che provò disperatamente a condurre Francesco Verde presso l’ospedale San Giuseppe Moscati di Aversa. Quando i due giunsero al nosocomio casertano però O’ Negus era già spirato.

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