Addio al libretto di circolazione auto: la rivoluzione annunciata due anni fa è prossima a diventare realtà. Dal 2018, infatti, molto probabilmente non ci sarà più bisogno del doppio documento per circolare, certificato di proprietà e libretto di circolazione, in quanto un decreto del Ministero delle infrastrutture prevede l’abolizione proprio di quest’ultimo, sostituito dal Foglio Unico di circolazione, con un conseguente risparmio sui bolli per gli automobilisti.

In buona sostanza l’automobilista dovrà pagare solo due bolli in luogo dei quattro previsti oggi: 32 euro contro 62, dal momento che sarà l’ACI a consultare direttamente la banca dati della motorizzazione. Anche la tariffa da pagare subirà una piccola riduzione, passando da 37 a 30 euro.

“Avevo preso questo impegno due anni fa. Mantenuto”, afferma soddisfatto Riccardo Nencini, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. “Un solo documento per l’auto al posto dei due attuali (Aci e Motorizzazione) – responsabile ne sarà il Ministero – e un risparmio di 39 euro per i cittadini”

Il decreto messo a punto dal Mit dovrà passare al vaglio degli altri dicasteri competenti per poi essere portato in Consiglio dei ministri entro la fine del mese in corso e se l’iter andrà avanti entro l’anno prossimo non saremo più il solo paese europeo ad avere due documenti per il possesso di una sola vettura.

Il decreto non conterrà, invece, la fusione tra il pubblico registro automobilistico (PRA) gestito dall’ACI – l’ente che oggi rilascia il certificato di proprietà – e la motorizzazione, che invece è preposta al rilascio del libretto di circolazione. La parte del provvedimento relativa alla creazione di un’agenzia unica è stata infatti stralciata dopo numerose polemiche e le proteste del personale.

In realtà alcuni passi verso la semplificazione erano già stati fatti nel 2015 con la smaterializzazione del certificato di proprietà. L’ultimo ostacolo che rimane da superare sulla strada dell’abolizione del libretto di circolazione auto è costituito dal mancato gettito per le casse dello Stato, quantificato in circa 50 milioni di euro, che potrebbe mal conciliarsi con la “manovrina” sui conti richiesta da Bruxelles.

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