Sono irregolari. Extracomunitari. Africani. Nell’Italia dei rigurgiti razzisti, dei Salvini e del trumpismo antieuropeista sono gli ultimi. Eppure ieri gli ultimi hanno avuto il coraggio di ribellarsi ai primi. Ai primi che a Napoli non sono lo Stato. Non sono la Polizia Municipale che vigila sui mercatini illegali. E neanche la Polizia o i Carabinieri. Ma nei vicoli della Maddalena, nel budello delle stradine di Forcella, sono l’Anti-Stato. I senegalesi hanno detto no alla camorra. A un gruppo di estorsori giovani e spregiudicati che volevano imporre il racket sulla miseria: 150 euro per il periodo natalizio. Prendere o morire. Il prezzo da pagare per usufruire del loro territorio.

Il prezzo da pagare. Un prezzo che gli extracomunitari di Forcella, così come di tante altre periferie napoletane, hanno già pagato in tanti modi. Hanno pagato per ragioni storiche, vittime da generazioni di una secolare saccheggio dei loro territori da parte delle potenze occidentali; hanno pagato per ragioni economiche, costretti dal Capitale ad emigrare in Europa seguendo i percorsi inversi delle nuove forme di schiavismo; hanno pagato infine per ragioni sociali, costretti a stazionare ai margini della nostra società e a occupare gli spazi dell’economia illegale (prostituzione, contraffazione, piccolo spaccio) offerti dal caporalato di quartiere o da quella stessa camorra che li ha minacciati.

Mafia nera e nuova camorra. Certo, i neri di Forcella non sono eroi. Non tutti. Anche la comunità senegalese o nigeriana che bazzica le zone tra la Duchesca o Piazza Garibaldi conosce la criminalità organizzata. E’ la mafia africana, che stringe patti con la camorra, paga la tangente sulla vendita di droga, gestisce la prostituzione nei bassi di via Santa Caterina a Formello. Un patto di non belligenza con i clan del territorio (i Mazzarella, i Sibillo) che spesso degenera in scontro, come avvenuto a Castel Volturno, dove un’alzata di testa nel 2008 attirò il commando punitivo del gruppo di fuoco di Giuseppe Setola. E fu una strage. Ma almeno a Napoli, ieri, in quella specie di Mezzogiorno di Fuoco, i più poveri e miseri di quella stessa comunità, sempre ignorati, bistrattati e respinti mentre cercano di rifilarci un paio di occhiali RayBan “pezzotti” o una borsa falsa Louis Vuitton lungo il Rettifilo o su Corso Garibaldi, hanno avuto il coraggio di ribellarsi a uno dei tanti carnefici che la Storia ha deciso di incarnare per loro.

L’altra Napoli. E forse a questo coraggio Napoli dovrebbe guardare. Non (solo) a N’Albero, alle attrazioni favolistiche di De Magistris, allo storytelling neoborbonico interpretato da certa sinistra radical-chic, alle autoesaltazioni mediatiche a base di numeri e alberghi strapieni con cui si mascherano i tanti problemi della Capitale del Mezzogiorno. Bisogna guardare al ghetto nero di Forcella, a quell’universo nascosto alle telecamere dove la camorra muta il suo codice genetico facendosi paranza di ragazzini rabbiosi e violenti, a quella disperazione che ha portato un gruppo di “ultimi” di colore a non abbassare la testa e a ribellarsi al crimine organizzato. A questo bisogna guardare se si vuole cambiare, oltre che la faccia, anche il cuore di questa città.

a cura di Marco Aragno

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