Napoli. Una microspia piazzata in casa di Gaetano detto Panettone e della moglie, genitori del boss Umberto Accurso. Così la Dda è riuscita a scoprire i segreti del tentativo di rinascita della Vanella Grassi di Secondigliano, LA “Nuova Vinella” rigenerata con nuovi capi anche dopo l’arresto del giovane boss latitante preso a Qualiano, con i ras che hanno preso il posto di cugini e parenti arrestati in precedenza.  Grazie all’ascolto delle conversazioni i carabinieri e la Dda, come riporta Il Roma, hanno avuto conferme sui capi subentrati e sulla distribuzione dei ruoli al l’interno del gruppo di malavita. I racconti dei pentiti, soprattutto di Antonio Accurso detto ’o puorco, fratello del ras, hanno poi messo le ali all’inchiesta.

Le intercettazioni sono partite nel dicembre 2014. Gaetano Accurso era ai domiciliari per un’estorsione. In una conversazione si parla di soldi per un debito maturato nei confronti di Antonio Accurso, che il padre stava tentando di recuperare. Così vengono fuori i nomi di coloro che gestivano la cassa del clan in assenza dei fratelli Accurso: Antonio, da poco arrestato e in procinto di pentirsi, e Umberto, allora latitante e attualmente detenuto. Vengono fuori i nomi di Corrado Orefice e Diego Colurcio. In particolare, Gaetano detto“ Panettone” aveva chiesto che fossero pagati 1.000 euro al suo avvocato, che lo stava difendendo nel procedimento relativo all’estorsione.”

Il 7 gennaio 2015 Accurso senior tratta l’argomento con Alessandro Frate detto “’o paparajà”. Quest’ultimo lo informa di aver parlato con Diego (Colurcio, ndr) e Corrado (Orefice, ndr), i quali hanno detto di riferire a “Panettone” che non hanno i soldi: “digli che non abbiamo soldi…”. Gaetano sostiene di aver saputo invece da Umberto De Vitale che il figlio aveva dato disposizioni diverse. In sostanza, Colurcio e Orefice, dimostrando così il ruolo acquisito all’interno del gruppo criminale, “rifiutano” di sostenere le spese legali di “Panettone” ritenendo l’episodio non legato direttamente alle attività del clan, ma più che altro frutto di un’iniziativa personale. Gaetano Accurso invece manifesta irritazione per la risposta, sostenendo che, sebbene non organico alla cosca, si era adoperato per favorirne le attività: portando “imbasciate” importanti, facendo servizi o segnalando interventi delle forze di polizia, azioni per le quali si sentiva in diritto di essere “ripagato”.

Come riporta ancora Il Roma, i vertici del clan erano parenti di Salvatore Petriccione detto ‘o mernaro, poi il potere agli Accurso era passato dopo l’arresto del trio della faida Guarino-Leonardi-Mennetta.

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