Dalla narrazione di Antonio Iovine, ‘o Ninno, il super pentito che sta facendo tremare boss e politici, sta emergendo (ed era storia nota ai più) come le casse del clan dei Casalesi si siano riempite – nel corso degli anni – soprattutto con le estorsioni e gli appalti (il corrispettivo era del 5 per cento), attraverso un meccanismo che ha visto coinvolti imprenditori, pubblici funzionari, politici e che avrebbe consentito di controllare l’assegnazione dei lavori, almeno quelli più importanti, anche nei comuni che non ricadono direttamente nella sfera d’influenza della cosca casalese. Non solo Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Aversa, Parete, Gricignano d’Aversa, Succivo, Orta di Atella e gli altri paesi dell’agro-aversano, insomma, ma anche quei luoghi, tra cui Marano, in cui è forte il legame con le organizzazioni criminali autoctone.

 

Gli accordi. Un’intesa che nel feudo mafioso per eccellenza della Campania (Marano) ha retto per anni e che si basava essenzialmente sulla spartizione di alcuni business: mercato dell’hashish (e non solo) per i Polverino, estorsioni e grandi appalti per gli uomini di Iovine, Zagaria e Setola. Ma quali sono i grandi appalti su cui le diverse fazioni dei Casalesi – secondo indiscrezioni e rumors sempre più insistenti – avrebbero messo le mani direttamente o indirettamente? Il riferimento è a quelli ottenuti attraverso veri e propri accordi con la camorra locale o sfruttando la loro sinistra fama e prassi consolidate che inducevano altri imprenditori a non partecipare alle gare o a raggiungere accordi preventivi, ovvero ben prima dell’apertura delle buste.

Gli appalti. Sulla storia dell’ampliamento cimiteriale si è spesso parlato e sono “chiacchiere” supportate da almeno due dati oggettivi: un’inchiesta giudiziaria e il coinvolgimento di una ditta (Mastromimico) che – secondo le ipotesi investigative – è direttamente collegata al clan dell’agro-aversano. Ma non è tutto: la scelta dei terreni, troppo “vicini” alla lottizzazione edilizia denominata C14, che all’epoca dei fatti non era stata ancora posta sotto sequestro e di fatto nella disponibilità di società riconducibili alle famiglie criminali di Marano; l’individuazione di alcuni tecnici. Per tutto il resto bisogna andarci con i cosiddetti piedi di piombo e mantenere un profilo ancor più garantista: Palazzo Merolla, struttura acquistata dal Comune, vero e proprio mantra degli ultimi tempi e spesso tirato in ballo da alcuni esponenti politici; almeno due appalti per l’assegnazione di altrettanti servizi, sempre finiti nelle mani di aziende quantomeno chiacchierate, e una grande opera – anch’essa oggetto di indagini (finora dall’esito negativo) – su cui si concentrarono gli interessi e gli appetiti di famiglie ritenute vicino ai Polverino, gruppi imprenditoriali, consulenti e tecnici non maranesi.

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