Le mani sulla città, Marano, il feudo, la roccaforte storica del clan Polverino e della famiglia Simeoli, ma anche i business orchestrati negli altri comuni dell’hinterland, nella città di Napoli, i rapporti con la politica, le alleanze e le parentele. Il romanzo criminale di una famiglia, quella dei Simeoli, raccontato nelle 400 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Alberto Capuano, quelle che hanno portato all’emissione di nuove misure cautelari nei confronti di Antonio, Luigi e Benedetto, già in carcere dallo scorso ottobre, e all’arresto di Domenico, il terzo figlio maschio di “Ciaulone”, il re del cemento maranese, da ieri ai domiciliari.

 

Vicende che partono dalla metà degli anni Novanta e che da qualche mese – grazie a vecchi e nuovi collaboratori di giustizia – si sono arricchite di ulteriori dettagli. Particolari inediti rivelati da tre pentiti in particolare: Giuliano Pirozzi, Salvatore Lo Russo e Antonio Zaccaro, che si aggiungono alle dichiarazioni di Roberto Perrone, Massimo Tipaldi, Biagio Di Lanno, Domenico Verde, Salvatore Izzo e Gaetano D’Ausilio. Esponenti di primo piano del clan Polverino, che hanno raccontato agli inquirenti degli incontri e dei rapporti che intercorrevano tra il “Barone” e la famiglia Simeoli.

 

E’ lo scorso 7 marzo quando Salvatore Lo Russo (clan dei “capitoni”) racconta ai magistrati delle frequentazioni con i Simeoli e dei loro progetti edificatori e del business dei loculi a Poggioreale: “Ricordo che intorno al 2003-2004 segnalai a Mimmo Simeoli, che ha sposato la figlia di mia sorella, il mio interesse per qualche investimento immobiliare. Ci incontrammo nuovamente nel 2005 e in quella circostanza Antonio Simeoli mi mostrò un progetto per la realizzazione di 585 appartamenti in un’area tra Marano e i Camaldoli, a due passi dal cimitero di Vallesana, per la quale erano in attesa di alcune autorizzazioni amministrative”.

 

Il riferimento è alla lottizzazione edilizia denominata C14, poi posta sotto sequestro dalla magistratura. E ancora: “In precedenza – racconta Lo Russo – Antonio Simeoli, dovendo fare un lavoro presso il cimitero di Napoli, si rivolse a me per avere informazioni su chi comandava in quella zona”. Il pentito Giuliano Pirozzi, colletto bianco del clan Mallardo, riferisce invece degli interessi dei Simeoli sul piano urbanistico di Giugliano. “Nel clan Mallardo è risaputo che la Sime costruzioni e le altre società del gruppo sono riconducibili al clan Polverino.

 

Nel 2011 vennero a Giugliano poiché avevano interesse ad eseguire lavori sui terreni nella zona di Licola, nei pressi della rotonda Maradona, dove poi ci demmo appuntamento. In quel periodo era in corso di redazione il Puc di Giugliano e, dunque, era quello il momento in cui era possibile favorire la qualificazione dei terreni tali da consentire di effettuare interventi speculativi fruttuosi”. Infine il collaboratore Antonio Zaccaro (clan Sacco-Bocchetti), che ragguaglia i magistrati sul suo rapporto con l’attuale reggente del clan della “montagna”, Giuseppe Simioli, alias ‘o petruocelo e degli incontri con Antonio Simeoli che si tennero negli uffici della Sime costruzioni e, tra questi, quelli per un affare in via Galdieri a Napoli.

 

Non mancano, nelle 400 pagine dell’ordinanza, i riferimenti ai prestanome delle società edilizie sequestrate, all’ex commercialista di molte società a loro riconducibili, Giovanni Gala, tra l’altro ex presidente del Consiglio comunale di Marano e compagno di partito di Biagio Iacolare.

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