In piena Terra dei Fuochi rifiuti speciali, rappresentati tra gli altri dagli scarti di lavorazione di tre opifici, sversati in una discarica abusiva nelle campagne a nord di Napoli venivano poi eliminati con l’incendio degli stessi o con lo spargimento, con una pala meccanica, su altri siti confinanti. Il ciclo illegale di smaltimento è stato scoperto dagli uomini del Nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale del Corpo Forestale di Napoli nell’ambito di indagini coordinate dalla Procura di Napoli Nord. Sei le misure cautelari eseguite, due in carcere e quattro ai domiciliari. Tra gli arresti ci sono due stranieri (bengalesi) ed italiani.

L’inchiesta è il risultato di indagini finalizzate a risalire dai roghi di rifiuti all’intero percorso compiuto dagli stessi, fino all’individuazione delle aziende produttrici, spesso imprese fantasma, dove risulta impiegata, in modo irregolare, manodopera extracomunitaria. Le investigazioni, con l’ausilio di video riprese e pedinamento, hanno permesso di ricostruire le fasi dell’illecito smaltimento dei rifiuti, derivanti dalla lavorazione di industrie tessili di Casandrino. Per sversare e incendiare i centinaia e centinaia di sacchi, i trasportatori percepivano da 3 a 5 euro per ogni sacco. Il Gip ha disposto l’amministrazione coatta per le aziende.

I reati contestatati sono gestione di rifiuti non autorizzata in funzione di una successiva combustione illecita degli stessi, nonché furto aggravato di energia elettrica e violazione di sigilli di area sottoposta a sequestro penale sulla quale insisteva una vera e propria discarica a cielo aperto.

La vicenda oggetto del citato provvedimento cautelare si inserisce nell’ambito di un articolato filone investigativo finalizzato al tracciamento dei rifiuti speciali, derivanti da lavorazioni industriali ed artigianali. L’attività di indagine, portata a termine fruttuosamente dal Corpo Forestale dello Stato, rappresenta l’esito coerente di direttive investigative impartite dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, finalizzate a risalire dai roghi di rifiuti all’intero percorso compiuto dagli stessi, fino all’individuazione delle aziende produttrici, spesso vere e proprie aziende “fantasma”, dove risulta sovente impiegata, in modo irregolare, manodopera extracomunitaria.

In particolare, i due indagati (padre e figlio), destinatari della custodia in carcere, avevano provveduto a realizzare una vera e propria discarica a cielo aperto, che provvedevano ad alimentare con una raccolta “porta a porta” presso vari opifici, e ciò nonostante l’area in questione fosse stata già sottoposta a sequestro, violando, perciò, reiteratamente i sigilli, e manifestando così, un allarmante senso di impunità.
La crescente mole di rifiuti via via sversati imponeva, poi, ai gestori di eliminarne quantitativi consistenti mediante l’incendio degli stessi ovvero lo spargimento, con pala meccanica, su altri siti confinanti.

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