Castelfranco. Suicidata per alcuni scatti hard finiti in rete. E’ la triste vicenda di una casalinga 40enne di Castelfranco, in Veneto, sposata e madre di due figli, che si tolse la vita il 3 gennaio 2015. Un caso simile a quello di Tiziana Cantone, la 31enne mugnanese toltasi la vita dopo alcuni video hard pubblicati su WhatsApp. La Procura di Treviso ha concluso le indagini nei confronti di un 35enne napoletano e nei confronti della sua compagna. I reati contestati sono tentata estorsione, diffamazione aggravata e sostituzione di persona.

In un primo momento si credeva che la donna si fosse suicidata per la vergogna di veder pubblicate su Facebook proprie foto intime, che violano corpo e anima. Scatti spediti con leggerezza a una persona che non si conosce, tanto per spezzare la noia della vita coniugale, la monotonia. Poi le indagini hanno fatto chiarezza.

Tutto ha inizio poche settimane prima del suicidio: su Facebook viene contattata da un tale, Fabio Schiavone, di 35 anni, titolare della fantomatica Technolgy shop. Lui, aitante nelle foto del suo profilo Facebook, la aggancia con la scusa di venderle due smartphone. Inizia una conversazione che di giorno in giorno si fa sempre più intima. Prima le parole, poi le richieste che si fanno sempre più spinte fino a che lei non cede: gli gira via chat delle foto che la ritraggono in pose tanto inequivocabili quanto osé.

In quel momento è caduta nella trappola: lui, che Fabio Schiavone non era, e tanto meno la sua faccia corrispondeva a quella ritratta nel profilo, inizia a ricattarla: «Dammi duemila euro oppure faccio vedere a tutti che razza di donna sei, le spedisco a tuo marito». La quarantenne non ha duemila euro e sa che, anche se li avesse, il ricatto non sarebbe mai finito. Lei tergiversa finché l’indagato non decide che è scaduto il tempo: quelle foto vengono riversate su Facebook, con tanto di post che descrive i suoi gusti sessuali.

In casa scoppia il putiferio: impossibile spiegare, la rabbia è troppa. La donna non regge e la mattina del 3 gennaio decide che l’unico modo per uscire da questo tunnel è farla finita: prende una corda, bacia le sue figlie, si chiude in bagno. Poi il buio. Il dramma, per i familiari, è senza spiegazione. I carabinieri iniziano a indagare e, tassello dopo tassello, il quadro si chiude. La Procura arriva a quel Fabio Schiavone che ha circuito la donna: in un primo momento all’uomo viene contestata la violazione della privacy e il reato di morte come conseguenza di altro reato. Negli ultimi mesi è emerso il nuovo, terribile retroscena ed ecco che la sua posizione (insieme a quella della sua compagna trentenne) si appesantisce. Il pm, chiuse le indagini, si appresta a chiedere i rinvii a giudizio: per gli indagati il processo è vicino più che mai.

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