Calabria. Rosario – il nome è di fantasia – a un certo punto getta la maschera. Al diavolo i colleghi di lavoro, i presunti amici e i compaesani in Calabria. Lui decide di cambiare sesso, di diventare donna, e così sia. Per sua fortuna, in questo momento delicatissimo si ritrova al fianco proprio lei: la moglie, la donna che ha sposato dodici anni prima. Queste due persone chiedono di restare unite, sposate perché – dichiarano al giudice civile di Roma – il loro amore non è stato scalfito da tutta questa storia, e anzi si è “rafforzato”. E il giudice civile dà loro ragione. Il matrimonio non va sciolto. La sentenza – di cui cassazione.net riporta ora le motivazioni – ha un particolare valore perché arriva il 3 maggio 2016. Prima, dunque, del via libera alla legge italiana sulle unioni civili.

La sentenza (numero 8887) fa riferimento, intanto, ad una Ordinanza della Corte di Cassazione del 2013. Questa Ordinanza – che ha il numero 14329 – mette in discussione il divorzio automatico e “imposto”. Annullare il matrimonio quando uno dei coniugi cambia sesso – come la legge 164 del 1982 imponeva – poteva ledere il diritto della coppia alla “conservazione della sua dimensione relazionale”. La Corte di Cassazione, poi, mette in guardia dal rischio di discriminare chi può scegliere se divorziare da chi invece viene costretto alla separazione. Alla luce di questi dubbi, la Cassazione investe del problema la Corte Costituzionale.

E la Corte Costituzionale rimette la palla nel campo del legislatore e del Parlamento. Certo, la legge può anche prevedere lo scioglimento automatico del matrimonio quando uno dei due coniugi cambia sesso. Ma dovrebbe anche permettere “un’altra forma di convivenza registrata, che tuteli i diritti e gli obblighi della coppia”.

A questo punto interviene una sentenza della Corte di Cassazione (la 8097 del 2015) che – su richiesta della coppia – salva il “vincolo del matrimonio” fino a quando il legislatore non avrà varato una “nuova regolamentazione”. Questo approccio – prima della Corte Costituzionale e poi della Cassazione – boccia come “intollerabile” il “vuoto normativo” che porterebbe due persone dal porto sicuro del matrimonio al mare aperto senza tutele.

Alla luce di queste pronunce, a maggio 2016 il Tribunale civile di Roma si schiera nettamente dalla parte di Rosario – che ha cambiato sesso – e della moglie. Stabilisce che i coniugi hanno diritto “alla conservazione della loro dimensione relazionale quando essa assume i caratteri della stabilità e continuità del vincolo coniugale”. Questo orientamento peraltro è coerente con le sentenze delle Corti Costituzionali austriaca e tedesca che datano, addirittura, 2006 e 2008.

Alla fine, il Tribunale civile di Roma dispone che l’atto di nascita di Rosario sia rettificato nel nome e nel sesso. E vieta lo scioglimento del vincolo matrimoniale della coppia.

Fonte: Repubblica.it

(Foto di archivio)

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