Ci accingiamo a realizzare la II edizione de “Le cinque giornate di Giugliano, contro la camorra” e dopo aver partecipato ad una settimana di impegni fittissimi per la Memoria e l’Impegno, insieme agli amici di Libera, sono due, le riflessioni che volevo condividere con tutti voi lettori e telespettatori di TeleClub Italia, rete televisiva con “Contro le mafie” da sempre, bellissimo esempio di realtà giornalistica costruita intorno alla corretta informazione ed all’inchiesta.
Venerdì 21 marzo, è stato presentato il rapporto 2013 di “Avviso Pubblico” sugli “amministratori sotto tiro”; nelle 104 pagine di questo documento, sono stati evidenziati dati da vero “bollettino di guerra”: ben 351, gli atti di intimidazione e minaccia nei confronti di amministratori locali e funzionari pubblici censiti da questa grande associazione di enti locali e regioni per la formazione civile contro le mafie; nell’anno 2013 rispetto al 2010 (anno in cui è stato redatto il primo Rapporto), si registra un aumento del 66% dei casi, che risulta distribuito tra 18 regioni, 67 province e 200 comuni.
I soggetti colpiti da intimidazioni e minacce sono prevalentemente gli amministratori locali (71% dei casi), in particolare: sindaci, consiglieri comunali e presidenti di consigli comunali, seguiti da funzionari pubblici (17% dei casi), in particolare: responsabili degli uffici tecnici, comandanti e agenti di Polizia municipale,

dirigenti del settore rifiuti e sanità.
La maggior parte delle minacce e delle intimidazioni sono dirette (77% dei casi), ossia colpiscono direttamente le persone oggetto del “fastidio” criminale e mafioso e in misura inferiore (23% dei casi),

possono essere definite indirette, nel senso che colpiscono non la persona oggetto di intimidazione ma le strutture pubbliche (62% dei casi), mezzi pubblici (27% dei casi) e, nei casi più gravi, anche i parenti e i familiari più stretti.
Nel Rapporto si legge che alcuni sindaci, anche del Nord, sono costretti a vivere sotto scorta; altri, si sono dimessi per paura, o pensano di farlo perché avvertono un profondo senso di solitudine e la lontananza delle Istituzioni.

Dopo aver letto questo documento così preciso ed incisivo, che evidenzia come troppo spesso le pratiche di buona politica e corretta amministrazione dei territori necessitano della collaborazione e del sostegno di tutti i cittadini responsabili, mi capita di leggere la dichiarazione di un ex amministratore di una cittadina vesuviana, oggetto di due scioglimenti per infiltrazioni camorristiche.
In buona sostanza, tale individuo, sosteneva che la sua presenza al Comune, garantiva al cittadino che chiedeva lavoro, la possibilità di trovarlo immediatamente, “spendendo il suo nome” in lungo ed in largo; ciò evidenziando quanto il sistema “voto di scambio” fosse efficiente, quando c’era lui, ad amministrare la città! Secondo questo signore, esercitare il proprio Diritto al voto equivale ad un “do ut des”, per ottenere un favore da chi, ottenendo consensi, andrebbe ad amministrare per “aggiustare le cose a suo piacimento e quello dei suoi compari”, a tutto danno della cittadinanza e del Bene comune.
Ed ecco, quindi, la mia prima riflessione.
Noi cittadini, siamo davvero pronti, a cambiare mentalità? A pensare che il nostro voto serva a garantire alla collettività, la presenza sul territorio di un rappresentante che agisca per il Bene comune e non per farci un favore? Siamo pronti a fare questo scatto di Dignità, attribuendo al voto l’esercizio di un Diritto che non può e non deve essere inteso quale merce di scambio, per attribuire potere a chi pensa ed agisce con quella mafiosità di cui dobbiamo liberarci?
Siamo pronti, a legittimare chi agisce per la collettività e che, una volta eletto, necessita del nostro sostegno per non essere isolato da chi collude con le mafie ed agisce secondo il vangelo della cattiva politica?
Ed è soffermandoci su questa bellissima parola: “Vangelo”, che arriva la mia seconda riflessione.

Il Papa ha incontrato i familiari delle vittime innocenti delle mafie, lo scorso venerdì sera.
Un incontro che mi ha dato speranza.
Ha chiesto ai mafiosi di convertirsi e lo ha fatto spiegando che la ricchezza ed il potere, non serve ad alcunché, quando hai le mani sporche di sangue. “Convertitevi, altrimenti andrete all’inferno” – ha detto, senza usare “paroloni”.
Lo stesso Cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, in più di un’occasione si è espresso in modo forte, parlando di scomunica, per i camorristi: «Chi semina morte raccoglierà solo morte. Se gli uomini dei clan non si pentono, non potranno entrare in chiesa neanche da morti» – parole che valgono come vere indicazioni, dirette ai “suoi” sacerdoti.
Don Luigi Ciotti ha poi invitato i cristiani a non essere “timidi”; a non comportarsi come “religiosi da salotto”; a non accontentarsi dei baci e bacetti alla Madonna. Ha espressamente affermato che per considerarsi “buoni cristiani”, bisogna essere anche cittadini responsabili.
Ascoltando le voci di questa “cristianità che dialoga con la società”, non poteva che tornarmi alla mente l’atteggiamento di alcuni sacerdoti che ho avuto modo di incontrare, in questi ultimi tempi: c’è chi ha sostenuto che è giusto negare l’eucaristia ad un uomo od una donna separati o divorziati, ma che tutto sommato non se la sentirebbe di negare il sacramento ad un  camorrista (noto a tutti per esserlo), perché potrebbe incorrere in una sua denuncia (non meglio specificata); per poi passare al sacerdote che definire “indifferente” è davvero poco, un soggetto che è quasi fuggito, davanti all’invito di partecipare ad una manifestazione antimafia che si svolgerà sul suo territorio.
Mi chiedo, allora…
Cosa penseranno questi “sacerdoti di comodo” dei compianti Don Peppe Diana, Don Pino Puglisi, insieme ai tantissimi prelati che – contrariamente a loro – quotidianamente si adoperano per vincere la “mafiosità” di cui parla Don Luigi Ciotti, con l’arma del Vangelo?
Possibile che le sole parole camorra, mafia, ‘ndrangheta, facciano ancora paura?
Queste, le domande che hanno accompagnato il mio fine settimana, dopo tutti gli appuntamenti che ci hanno visti partecipare come Associazione “Contro le mafie” e la splendida manifestazione di sabato a Latina, per la XIX Giornata della Memoria e dell’Impegno, in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
Possano, questi miei interrogativi, essere spunto di riflessione, nella manifestazione “Le cinque giornate di Giugliano contro la camorra”, che ci vedrà impegnati da domenica 30 marzo a venerdì 4 aprile, su un territorio difficile e per certi versi ancora ostile, dove la “mafiosità” impera e dilaga, grazie alla connivenza, all’indifferenza ed all’omertà dei suoi cittadini.
Abbiamo bisogno di “cambia-menti”. Abbiamo bisogno di vincere quanto di mafioso c’è in noi stessi.

Eliana Iuorio, Presidente Associazione “Contro le mafie”

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