NAPOLI. E’ una vera e propria guerra quella scoppiata nella zona tra Soccavo e rione Traiano. Ed al centro del conflitto – così come avviene anche nell’area nord – ci sarebbe il controllo del business della droga e quindi delle piazze di spaccio. Clan che si fronteggiano a colpi di omicidi, ferimenti e “stese” senza sosta.

L’ultima è stata un’altra notte di terrore. Ancora colpi infatti sono stati esplosi poco dopo le ore 21.30 nel rione Traiano. Dopo l’allarme lanciato da alcuni residenti le volanti della polizia hanno setacciato l’intera area. In via Romolo e Remo sono state ritrovate così 6 ogive.

La sera precedente, a pochi metri, c’è stata invece una spaventosa sventagliata di mitra. Oltre 70 colpi in rapida sequenza che sono entrati nelle case, si sono conficcati nella facciata ed hanno danneggiato anche auto parcheggiate ed una montante idrica con disagi per molte famiglie che sono rimaste quasi una giornata senza acqua. In quell’inferno di fuoco è rimasto ferito il 41enne Raffaele Pezzuti, con precedenti per stupefacenti.

Gli appartamenti e gli scantinati – come scrive Il Mattino – trasformati in punti di spaccio e covi per i malavitosi sono una delle trincee dalle quali si fronteggiano i criminali. Via Tertulliano, via Romolo e Remo, via Marco Aurelio, viale Traiano, i clan sparano quasi senza sosta e la gente si scansa.

L’allarme, come riporta ancora il quotidiano di via Chiatamone – arriva anche dal comitato civico per la legalità del rione Traiano guidato da Gianni Lambiase. “Il Questore ha più volte chiesto alla cittadinanza di collaborare: noi lo abbiamo fatto, ma non è successo niente – spiega Lambiase – Cosa possono fare i cittadini che vivono sulla frontiera? Denunciare le situazioni di difficoltà e di disagio affrontate quotidianamente. Più volte abbiamo segnalato scantinati occupati da famiglie criminali che usano quegli spazi per condurre attività illecite che sono anche l’impresa di famiglia. Ma questo è solo uno dei segni di un’ illegalità diffusa: nelle strade dalle nostre parti i bambini imparano prima a guidare la moto e poi a leggere e scrivere. Ma anche in questi casi non si muove nessuno, eppure per battere la camorra non basta decapitare i clan, bisogna anche intervenire in un contesto che perpetua situazioni di quotidiana illegalità. Da queste parti ci sono intere famiglie che lavorano nel campo della delinquenza”.

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