La pizza fritta è ufficialmente sbarcata a Milano. Ad aprire un locale interamente dedicato alla delizia napoletana è Gino Sorbillo che lo ha da poco inaugurato. “L’antica pizza fritta di zia Esterina” (così si chiama il locale ndr) è stato aspramente criticato in un articolo del sole 24 ore titolato: “Perché la pizza fritta di Sorbillo a Milano sarà un flop”. Questi i motivi per cui secondo il giornalista la pizza fritta a Milano sarà un flop:

1 Perché “Pizza fritta” già dal nome mmmm, non è esattamente la quintessenza della milanesità. Qui è un problema sia “pizza” sia “fritto”: non è che mettendoli assieme – o uno contro l’altro – i termini si elidano generando nuovi significati, ad esempio “aria” “fresca” o “leggerezza” “mattutina”. “Pizza fritta” rimane “pizza fritta”: hardcore
Perché a Milano non siamo abituati a circolare con un arnese in mano lungo una banana e mezza e largo come un vecchio vhs, una sorta di baionetta grondante olio, provolone e pomodoro incandescenti, che se lo addenti schizza molecolarmente a raggera rischiando di trascinare te e i posteri in sanguinose cause di risarcimento danni solidi e morali ai famigliari dell’avvocato d’affari appena sbucato da piazzetta Liberty che hai centrato perfettamente nell’occhio chiudendoglielo per sempre.
Perché poco allevia quel vassoio da 24 paste su cui te la poggiano avvolta da 15 centimetri di carta alimentare impregnata fino all’ipotetico settimo velo, sempre una baionetta fritta rimane, e anzi peggio, barcamenarsi sotto il monumento al Manzoni in quello stato, con un quadernone Pigna di grasso colante spalancato sotto il mento alla moda di certe signore prendisole nella Costa Azzurra dei ’70 mentre lapilli infuocati di provola anticipano, seguono e intervallano il tuo incedere sempre più incerto. Anche questa, mi dispiace, non è un’esperienza esaltante

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