Ricostruita dal pentito Giuliano Pirozzi questa mattina in aula la storia criminale di Mimì O’ Pesante nel processo contro i rapinatori del clan Mallardo. Pirozzi ha parlato a lungo interrogato dalla Pm Ribeira, ha descritto come al solito con minuzia di particolari le attività del clan nel campo delle rapine. Domenico Pirozzi alias O’ Pesante era a suo dire il re delle rapine riuscendo a eseguire colpi ai danni di banche anche di milioni di euro. Domenico Pirozzi viene descritto come un uomo molto attento alla forma fisica e di “grande spessore criminale, una persona seria molto rispettato da tutti nel sodalizio criminale”.
Per Pirozzi O’ Pesante era un malato delle rapine ed anche se poteva smettere di farle per i soldi accumulati continuava ad organizzarle.
LA QUOTA. Il pentito ha poi raccontato di come il clan non volesse che si facessero rapine fuori sede perché questo poteva attirare l’attenzione  su Giugliano. Per avere però il via libera del clan, secondo l’accusa, O’ Pesante e gli altri avrebbero assicurato una quota delle rapine proprio alla cassa comune dei Mallardo contribuendo così alle spese della cosca e convincendo i capi a lasciarli fare.
LA CAPACITÀ ECONOMICA. Erano poi i proventi delle rapine a finanziare le attività economiche del clan che divenivano così di fatto il sistema per finanziare investimenti in vari settori tra cui il mercato delle auto usate.
IL PERMESSO A RAPINARE. Anche per le rapine a Giugliano c’era una vera e propria tassa da pagare al clan. Chiunque volesse fare rapine nel territorio giuglianese doveva avere una autorizzazione dai Mallardo e versare una parte del bottino alla camorra. Un permesso di soggiorno per i rapinatori.
L’UNIVERSITÀ DEL CRIMINE. Il pentito ha anche raccontato come si organizzavano le rapine e che c’erano dei veri e propri consulenti che lavoravano a cottimo con percentuali in base alle loro specializzazioni: chi era bravo a fare i buchi prendeva anche il 20% dei proventi frutto delle azioni criminali.
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