Di Lorenzo Lancia, uno dei grandi matematici di fama nazionale vissuti a Marano,  se n’è parlato, recentemente, durante la manifestazione di inaugurazione della Biblioteca di genere, essendo figlio di Fiorenza Agnese Moio una delle due donne alle quali è stato dedicato l’importante punto di lettura, ubicato a Palazzo Merolla.

Lorenzo Lancia. Nacque il primo novembre  1828 nel “Casale di Polvica” (Na) e fu battezzato il 20 dello stesso mese, nella parrocchia di San Nicola di Bari. I genitori, D. Giovanni Battista e Donna Florenza (Fiorenza) Moio, sposati a Marano, gli imposero i nomi “Lorenzo Carmine Nicola”. Ancora in fasce lo portarono a Marano, paese della madre e suo per adozione, dove passò gran parte della vita. Fu affidato alle cure dei Padri Francescani locali, specialmente Padre Bernardino da Qualiano, che gli fece da padrino alla cresima, il 26 giugno 1838. A 15 anni, nel Seminario di Aversa, già si distingueva nello studio delle scienze fisiche e matematiche. Compì gli studi Sacri e scientifici nel Seminario di Napoli. Qui fu ordinato sacerdote il 27 marzo 1852. Si laureò all’Università di Napoli. Fu nominato Professore di Fisica e Matematica nel collegio di Maddaloni. Nel 1855, chiamato nel glorioso Collegio Militare della Nunziatella, quale professore delle suddette discipline, lo lasciò nel 1860 solamente per il cambio di Governo. Per quarant’anni insegnò matematica, fisica e scienze naturali nel Liceo Arcivescovile di Napoli con passione e tale competenza da essere segnalato persino da Ispettori Governativi “per dottrina e per valore” come scrive in uno dei suoi numerosi testi storici, il compianto sacerdote don Giacomo Di Maria. All’illustre matematico Lancia, Marano gli intitolò una strada e l’edificio scolastico nella frazione di Quarto, prima che diventasse Comune autonomo nel 1948. Il Lancia pubblicò lavori pregevolissimi: i suoi libri furono adottati nei più famosi Licei d’Italia. Ne ricordiamo alcuni: “Trattato di aritmetica ragionata”, “Algebra elementare”, “Geometria”, “Trattato di Planimetria e Sfereometria”, “Trigonometria rettilinea e sferica”. Ma la fama di illustre matematico se la meritò per lavori originali, tra cui “Memorie intorno al quadrigono ortogonale in rapporto al cerchio e all’iperbole equilatera”. Gli studi di alta matematica furono sempre allineati alla scienza di Dio e all’apostolato sacerdotale.  Per parecchi anni fu confessore e poi Superiore delle suore Teresine del Ritiro di Marano, dove per diversi anni hanno lavorato le suore salesiane di Don Bosco con i loro complessi scolastici. Morì il 26 agosto 1895 nella casa di villeggiatura di Marano, vicino alla chiesa dello Spirito Santo, nella via che porta il suo nome. I resti mortali, accompagnati da una marea di popolo di ogni condizione sociale fino al Bivio di Mugnano, furono tumulati nella tomba di famiglia.

Domenico Amanzio. Nacque a Marano il 2 febbraio 1854. Suo padre Giuseppe, “marinaio cannoniere” ; sua madre si chiamava Giuseppa Zambardino.

“Per quanto tempo sia rimasto nel paese natio e in quale anno si sia trasferito con la famiglia a Napoli non sono riuscito a saperlo – scrisse per il periodico IdeaCittà lo storico Di Maria – né mi sono premurato di fare meticolosa opera di scavo archivistico per ricercare notizia circa l’iter scolastico del professore Amanzio. Ci basta sapere che fu un appassionato e profondo cultore di scienze matematiche, al quale Marano ha dedicato il primo edificio scolastico della città”.

Insegnò matematica sia nelle scuole ginnasiali che tecniche. Fu professore di Algebra Complementare presso l’Università di Napoli e nel Collegio Militare, più noto come “Nunziatella”.

Pubblicò una ventina di lavori pregevoli, sempre inerenti alle scienze matematiche, adottati in primari Istituti tecnici e Licei, ristampati in maggior parte anche dopo la sua morte. Sono tutti reperibili presso le Biblioteche universitarie e quella Nazionale di Napoli. Vanno ricordati tre suoi studi che lo resero celebre: “Alcune proprietà delle curve di terzo e quarto ordine”, “Intorno a una frazione isobarica”, “Sopra alcuni speciali polinomi”, che gettarono le basi della matematica moderna. Nel 1878, Amanzio era assistente presso l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Morì da celibe a Napoli il 28 agosto 1908, a soli 54 anni.

 

Domenico Rosiello

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