Napoli. Un boss in lacrime, Pasquale Scotti. Circondato dagli uomini dell’Interpol e della Squadra Mobile, il boss di Casoria, braccio destro di Raffaele Cutolo negli anni ’80, si dispera e commenta: «La mia vita è distrutta». Si è è lasciato andare sull’aereo che dal Brasile lo ha riportato in Italia, dove sconterà 30 anni di carcere.

La sua latitanza, durata 31 anni, una delle più durature del crimine italiano, finisce qui. L’uomo è stato trasferito nel carcere di Rebibbia e nei suoi confronti, secondo quanto si apprende, è stato disposto l’isolamento diurno.

Pasqualino ‘o collier’ dovrà innanzitutto ricostruire i suoi 30 anni di latitanza ma anche chiarire i contorni della sua fuga dall’ospedale di Caserta l’antivigilia di Natale del 1984: il killer di Cutolo, arrestato un anno prima, era infatti agli arresti ospedalieri perché avviò un percorso di collaborazione e ora dovrà spiegare se si trattò di un escamotage per organizzare la fuga.

Se Scotti decidesse di parlare, inoltre, potrebbe fornire un importante contributo, visto il suo ruolo, per tentare di chiarire una serie di misteri ancora irrisolti di quegli anni, tra i quali le vicende connesse al sequestro Cirillo e all’omicidio Calvi.

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