GIUGLIANO. Ha parlato tutta la mattina Giuliano Pirozzi interrogato dal pm Maria Cristina Ribera. Il pentito ha illustrato alla corte l’intero organigramma della cosca e parlato del suo ruolo all’interno del gruppo. In particolare si è discusso delle estorsioni agli imprenditori e l’imposizione delle tangenti. Alla sbarra presenti Mauro Moraca e Carlo D’Alterio. In videoconferenza Giuliano Amicone. Tutti imputati in questo processo insieme ad altre persone come Carlo De Cicco, Bernardino Diana, figlio di Silvio detto Dudù, Giancarlo Pirozzi, Raffaella Graziano e Giuseppe Taglialatela.

Secondo Pirozzi coloro che erano considerati interni pagavano solo il 2% su appalti e affari. Il clan infatti concedeva loro una sorta di beneficio. Gli esterni, ovvero i non affiliati, dovevano sborsare invece il 7%. Questi ultimi erano i più temuti. I capi temevano infatti che potessero denunciarli e farli scoprire. Se qualcuno non aveva intenzione di pagare, racconta il pentito: “veniva portato nella cantina di Feliciano”. A quanto pare con conseguenze immaginabili.

Tra le altre è emersa un’altra curiosità. Secondo Pirozzi spesso e volentieri i gregari imponevano ai tabaccai di intestare a loro le vincite di superenalotto e totip per giustificare i contanti in loro possesso. Incalzato dall’avvocato Antonio Giuliano Russo però Pirozzi non ha saputo svelare in che modo poi il clan entrasse in contatto con i reali vincitori di grosse somme. Il pentito è stato poi interrogato dagli altri avvocati della difesa alcuni dei quali lo hanno incalzato sui suoi problemi di droga. “Ne ho fatto uso per un anno e mi sono fermato prima del matrimonio” ha spiegato.

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