Un articolo molto lungo ed interessante scritto su lavocedinewyork.com di Antonio Giordano, medico coautore del libro “La Campania dei veleni” e tra i massimi esperti mondiali della genetica del cancro, è professore di Anatomia & Istologia Patologica all’Università degli Studi di Siena, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine e del Centro di Biotecnologie, della Temple University di Philadelphia e coordinatore di una linea di ricerca presso il Centro di Ricerche Oncologiche di Mercogliano, in provincia di Avellino.

 

Ha scritto un articolo ricordando le ricerche del padre, uno dei pionieri della materia, denunciando “Gli interessi di una certa politica nella terra dei fuochi”.

 

 

Anche l’Istituto Superiore di Sanità conferma l’aumento delle patologie in 55 comuni della Campania affermando la stretta correlazione degli eccessi della mortalità registrati con “l’esposizione a inquinanti emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e di combustione incontrollata, di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani”. Lo scienziato Giovan Giacomo Giordano, mio padre, lo aveva già capito 40 anni fa e aveva inutilmente pubblicato tutto, ma il suo allarme rimase inascoltato a causa degli interessi di una certa politica nella terra dei fuochi…

Anche l’Istituto Superiore di Sanità ha confermato l’aumento di decessi e patologie per la popolazione dei 55 Comuni Campani che costituiscono la “Terra dei Fuochi”, rilevando: “Una serie di eccessi della mortalità, dell’incidenza tumorale e dell’ospedalizzazione per diverse patologie, che ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti, l’esposizione a inquinanti emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e di combustione incontrollata, di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani”.

Una realtà che ben quaranta anni fa mio padre, Giovan Giacomo Giordano, descriveva attraverso i suoi studi sull’ambiente e sull’incremento dell’incidenza delle neoplasie, come risulta dal suo scritto, edito da Politica Meridionalista: “Salute e Ambiente in Campania”, le cui conclusioni, purtroppo, sono le stesse a cui, drammaticamente, arriviamo oggi: “L’aumento della mortalità per cancro che appare evidente per alcune forme neoplastiche, è prova evidente di un rapporto cancerogenesi-ambiente in larghi strati della popolazione”. (tratto da “Salute e Ambiente in Campania”).

In pratica, mio padre aveva tracciato una mappa della nocività nella provincia di Napoli, evidenziando come ad una maggiore esposizione a sostanze tossiche corrispondesse una maggiore possibilità di contrarre patologie rispetto agli abitanti di zone meno industrializzate. La sua indagine si focalizzava sull’inquinamento delle città, prefigurando la catastrofe per l’uomo qualora l’avanzata tecnologica in genere non fosse stata opportunamente regolata.

Ciononostante, il suo monito rimase inascoltato dalle Istituzioni politiche anche rispetto alle gravi condizioni di lavoro di molti lavoratori privi di misure protettive.

Di strada da quando alcuni anni fa, seguendo le sue orme, cominciai a rendere noti i risultati delle mie ricerche scientifiche ne è stata percorsa molta. Medici come il dottor Alfredo Mazza e l’oncologo e tossicologo del Pascale, Antonio Marfella, sono stati ripetutamente accusati di voler destare allarme sociale nella popolazione, proprio come accadde a me, nel 2005, quando decisi che avrei indagato da solo, attraverso le risorse del Governo Federale Americano. 

Già nel 2009, analizzando i dati ottenuti dall’archivio nazionale delle schede di dismissione ospedaliere di pazienti colpite da cancro alla mammella, relativi alla finestra temporale tra il 2000 ed il 2005, il numero dei tumori mammari risultava superiore a quello riportato dagli organi ufficiali. Oltre quarantamila i casi non censiti, statistiche sottostimate del 26,5%, soprattutto nella fascia di età tra i 25 e i 44 anni.

Per fortuna, però, il mio lavoro è stato supportato da quello di altri scienziati indipendenti, e da associazioni, medici di famiglia e attivisti che non hanno mai smesso di denunciare e di lavorare per dimostrare quello che accadeva in quei territori devastati dallo sversamento illegale dei rifiuti, finendo, addirittura, – a mio avviso – col creare un “modello Campania” che dovrebbe essere preso ad esempio da altre regioni italiane.

Attualmente, sono moltissimi i territori nazionali nei quali si tace sugli effetti catastrofici dell’inquinamento ambientale e dei rifiuti tossici, temendone i riscontri negativi in termini di vendita di prodotti alimentari, di turismo ecc.

Un esempio è Brescia che smaltisce 57 milioni di metri cubi di rifiuti tossici, molti di più rispetto a quelli della provincia di Caserta dove se ne smaltiscono 10 milioni.

Brescia è una città attorniata da cave piene di amianto, pcb, metalli ferrosi e circa il 50 per cento dei rottami dell’industria siderurgica ha trovato posto proprio in tutta la provincia di questa città. Solo che a parlarne sono pochi.

Anche nel novarese sono stati ritrovati, in una cava idrocarburi, piombo ed altri veleni.

Tuttavia, l’allarme in Campania resta oltre i livelli di guardia e per rendersene conto basta guardare a Bagnoli o all’ex zona industriale di Napoli Est, che dal secondo dopoguerra ad oggi, rimane uno dei territori maggiormente inquinati.

Barra, San Giovanni, Ponticelli, Gianturco e Poggioreale costituiscono delle vere e proprie bombe ecologiche sulle quali però, nonostante esista una legge per la bonifica dal 1999, aleggia un silenzio sinistro ed imbarazzante.

Gli interessi economici e la politica remano, spesso, in senso inverso a quello della salute dei cittadini e per verificarlo basta osservare le tendenze dei maggiori quotidiani nazionali. Alcuni di quelli che tenevano accesi i riflettori sulla questione ambientale oggi tacciono, mentre altri che sembravano ignorare il problema oggi divulgano i risultati dell’Istituto Superiore di Sanità.

In ogni caso, al di là dei negazionisti, l’allarme è serio e, come da anni ripeto, riguarda anche i bambini il cui il profilo, come rileva ISS, presenta“alcune criticità nel primo anno di vita: eccessi di bambini ricoverati per tutti i tumori in entrambe le province di Napoli e Caserta, ed eccesso di incidenza e di ricoverati per tumori del sistema nervoso centrale rispettivamente per la Provincia di Napoli e di Caserta”.

Rapporti come quelli dell’istituto Superiore di Sanità che invitano ad una serrata prevenzione a tutti i livelli sono auspicabili, ma che dire a tutti quei cittadini che vivono in quelle zone e che da anni vedono morire i propri cari ed ammalare i propri figli?  Come si fa a giustificare un ritardo di anni che alla fine non fa che confermare la gravità di una situazione che da decenni le popolazioni vivono sulla loro pelle?

Interrogativi inquietanti che, a dispetto del tempo, non trovano risposta.

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