Racket del caro estinto, tutti assolti gli imputati nel processo per le presunte estorsioni ai danni dei titolari di alcune agenzie di onoranze funebri del Napoletano. La sentenza di primo grado, dopo un iter giudiziario durato circa quattro anni, è stata emessa l’altro giorno dalla terza sezione penale del tribunale di Napoli, presieduta dal giudice Aldo Esposito. Assolti perché il fatto non sussiste Attilio Cesarano, titolare dell’omonima agenzia, ritenuta dagli inquirenti vicino al clan Nuvoletta-Polverino; Patrizio Macrì, ragioniere e braccio destro di Cesarano, nonché tutti gli altri dipendenti della ditta, gli infermieri degli ospedali coinvolti e il dipendente del Comune di Marano Carmine Torino, all’epoca dei fatti (2007/2008) in servizio presso gli uffici di stato civile. Su Torino pendevano due capi di imputazione: corruzione e abuso in atti d’ufficio.

La storia. L’inchiesta era scattata in seguito alla denuncia del titolare di una agenzia di onoranze funebri, a cui – secondo le ipotesi investigative – sarebbe stata vietata qualsiasi attività nella zona di Marano, Calvizzano e Quarto. Un’indagine lunga e articolata, condotta mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, ma soprattutto facendo leva sulle dichiarazioni di ben quattro collaboratori di giustizia. I magistrati partenopei hanno ritenuto fondata la tesi difensiva sostenuta dagli avvocati Antonio Zobel, Antonio Briganti e Stefano Sorrentino, circa l’inconsistenza delle accuse formulate dai pentiti e dell’inattendibilità delle dichiarazioni e denunce di Vincenzo Amoroso, all’epoca dei fatti titolare e dipendente di una ditta di onoranze funebri di san Giorgio a Cremano, nonché responsabile dell’associazione regionale Antiracket e Antiusura – Sos Italia libera. Insomma non si sarebbe trattato di estorsioni di camorra, tra l’altro aggravate dal metodo mafioso, ma semplici patti di non concorrenza tra gli impresari funebri, soprattutto tra quelli di lungo corso.

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